
NAUFRAGIO IN CALMA PIATTA
Ci trovammo verso l’Equatore. Il vento calò e nessun santo o demone ci aiutò a portare avanti la barca e a giungere dove la follia del nostro Capitano voleva condurci.
I miei compagni di notte iniziarono a ballare e a finire bottiglie di rum, il capitano fisso sul timone cercava con occhi il suo spettro, la pazzia che lo aveva condotto. E noi con lui, fin lì-.
Lo fissava, ci parlava,ci faceva l’amore, lo corteggiava. E noi con lui, fin lì.
E il comandante è pazzo
E avanza nel peccato
E il demone che è suo
Adesso vuole mio.
Brinda con il sangue
All’odio ci convince
Che se è la sua la barca che vince
Dev’essere la mia.
La follia s’impossessava dei miei compagni al calare del buio.
Di giorno crollavano. E io con loro.
Eravamo stanchi del niente, le provviste iniziavano a diminuire e l’acqua che ci circondava a perdita d’occhio era diventata preziosa come qualcosa di cui cominciavamo ad avere una lontana memoria.
E pure era lì, ci guardava e ci invitava.
Niente.
Giorni senza movimento, la mattina che cedeva il posto alla sera che si allontanava al sopraggiungere della notte e nulla che ci facesse percepire un pur piccolo spostamento. La notte si spegneva e cedeva il posto al sole.
E noi lì.
E il vento non alzava
E il mare imputridiva
Legati ad un sol raggio
Tutti presi in ostaggio
Avanzavamo lenti
Senza ammutinamenti.
Improvviso iniziò l’affanno. Non mi ero mosso dalle sartie dove riposavo l’intero giorno eppure il cuore inizio a battere un po’ più forte.
Non ci feci caso.
Poi ancora di più. Poi ancora e iniziò l’affanno dopo una breve corsa. Ma non mi ero mosso.
All’inizio seguii curioso questo cambiamento come una novità ma poi mi premurai di allontanarmi, di sfuggire da esso.
Mi alzai e cominciai a camminare sul ponte della barca. Mi seguiva.
Più veloce, non mi lasciava di passo.
Correvo e gridavo, poi mi fermavo e il cuore continuava a battere forte. Allora mi fermavo e sedevo. Continuava.
La nave era ferma, immobile in un punto che non sapevamo non avendo più il movimento come coordinata di riferimento.
Il cuore si fermò. Caddi in un sonno buio come la notte. Senza sogni e senza stelle.
NAUFRAGHI.
Di nuovo quel battito e di nuovo alzarmi e camminare. Adesso gli avevo dato una veste, un’ufficialità. Lo avevo riconosciuto Adesso quel battito apparteneva a me, era mio e dovevo vincerlo.
Mi resi conto del poco spazio che avevo. Solo metri e poi il niente. Nessuna possibilità di fuga. Ero prigioniero, in un infinito mare, di poche tavole di legno marcio. E la follia dei miei compagni con me.
Camminavo e gridavo, mi tenevo la tesa, correvo. Mi seguiva.
Improvviso, nel cielo grigio di vapore, l’Uccello che Porta Bene.
Si alzò il vento, camminavamo di nuovo. Eravamo liberi. Ero libero.
Ma il cuore continuava a battere fortissimo, non so se per l’emozione di essermi liberato da quella prigione o per la paura di caderci di nuovo. Adesso avevo paura che si rompesse, di morire.
Gli altri erano felici e gridavano, il Comandante immobile con gli occhi di fuoco guardava la materia del suo odio divenuta carne che gli ballava avanti agli occhi, solo a lui.
Fissai i miei occhi nei suoi. Ebbi paura. Più paura adesso di prima, Adesso lo guardavo da uomo libero e avevo paura.
Chi era l’oggetto di tanto furore.
Il cuore batteva forte che si stava per rompere e la nave andava, quando per interrompere questo terrore lo colpii.
Colpii il domandante, l’alabatros. L’uccello cadde.
Mi sentii subito calmo, il cuore si era placato, i battiti regolari.
Rialzai gli occhi a quelli del mio Capitano e una cosa che non so si ruppe dentro.
Aria di fuoco nei polmoni, le gambe inanimate non mi mantenevano.
Ero io.
La materia di carne che quell’uomo odiava, solo che non lo sapeva ancora e aspettava che accadesse qualcosa per dare un volto all’immagine buia che lo tormentava da anni. E l’equipaggio con lui.
“E venne dall’acqua
Venne dal mare
La penitenza
Dall’amaro del mare.
E il comandante avanza
e niente si può fare
vuole la morte, la vuole affrontare.
E il comandante è pazzo
E avanza nel peccato
E il demone che è suo
Adesso vuole mio.
Brinda con il sangue
All’odio ci convince
Che se è la sua la barca che vince
Dev’essere la mia.
E si fermò il vento. La barca si arrestò e rimanemmo muti ad attendere la maledizione che presto giunse in forma di vela. Avevamo tutti paura, tranne uno, cieco di rancore.
Coro: Oh Matri mia
Salvezza prendimi nell’anima
Oh Matri mia
Le ossa nell’acqua
E giunse su un vascello nero nella notte più scura. Due figure.
Morte e Vita-in-Morte sul quel ponte a giocarsi il destino dei marinai.
Morte se li prese uno per uno lasciando solo me all’avversario Vita-in-Morte
Che decise dei miei futuri giorni.
Non un pezzo di terra, non un fiore, non una lacrima per loro. Solo i fuochi sull’alto del pennone, fuochi fatui. Fuochi Sacri.
E gli occhi non videro
Non videro la luce
Non videro la messe
Che altri non l’avesse.
E il cielo fece nero
E urlò la nube al cielo
E s’affamò d’abisso
Che tutti ci prendesse
E gli uomini spegnevano
Spegnevano il respiro
Spegnevano la voce
Nel nome dell’odio che tutti ci appagò.
Il cielo rigò
Di sbarre il suo portale
Il volto di fuoco dentro imprigionò.
Lo spettro vedemmo
Venire di lontano
Veinire per ghermire
Nero di Dannazione
Vita-in-Morte Vita-in-Morte
Quello era il suo nome.
Coro: Oh Matri mia
Salvezza prendimi nell’anima
Oh Matri mia
Le ossa nell’acqua
“Prendi anche me! Ti prego! Traversare il fiume dei dannati e andare incontro alla maledizione eterna, ma non lasciarmi qui!”
Rimanere da solo sul legno fradicio di queste assi nel mezzo del mare senza un alito di vento e senza acqua senza spazio o movimento a guardare negli occhi la mia maledizione, i serpenti che emergono dalle acque fino a vederli belli ad amarli e a pregare per loro.
Anime bianche
Anime salvate
Anime venite
Anime addolorate.
Che io abbia due soldi
Due soldi sopra gli occhi
Due soldi per l’onore
Due monete in pegno
Per pagare il legno
La dura voga del traghettatore.
Vieni Occhi di Fluoro
Vieni al tuo lavoro
Vieni spettro del Tesoro
La vela tende
Il vento se la prende
La vela cade le Erinni allontanate
E accesi sui pennoni
I fuochi fatui
I fuochi alati della Santissima
Dei Naufragati.
Coro: Oh Matri mia
Salvezza prendimi nell’anima
Oh Matri mia
Le ossa nell’acqua
Acqua, Acqua, Acqua in ogni dove
E nemmeno una goccia, nemmeno una goccia da bere
Questa è la ballata
Di chi s’è preso il mare
Che lapide non abbia,
né ossa sulla sabbia
né polvere ritorni
Ma bruci sui pennoni
Nei Fuochi Sacri
Nei Fuochi Alati
Della Santissima dei Naufragati
Coro: Oh Santissima dei Naufragati
Vieni a noi che siamo andati
Senza lacrime, senza gloria,
Vieni a noi per noi pietà.
Fino ad amare la maledizione a pregare per essa a vederne la bellezza. Solo allora sarò libero, ritornerò in terra a raccontare a voi, amico dello sposo, questa storia di vento e mare, di dannazione e di pietà.
Da
La ballata del vecchio marinaio 1798 S.T. Coleridge
S.S. dei Naufragati Vinicio Capossela
Col. Douglas Mortimer