mercoledì 21 marzo 2007

FORCHETTA


FORCHETTA anno 2004 - oggi
Il cucchiaio per i malati……la forchetta per gli innamorati….

Sei al ristorante, sotto il pergolato con la tua donna. Il ragazzino prende le ordinazioni e ti porta il pane.
La solita attesa. Finite tutto il cestino e vi bevete la prima bottiglia di bianco. E’ quasi estate e avete scelto pesce. Arriva con i due piatti.
Non è quello che avevate ordinato. Salvatore ha deciso che oggi devi mangiare tubettoni alle cozze e zucchine. Con la forchetta. Non sei contrariato. Lo conosci…
Impugni lo strumento e porti il primo boccone di piacere alla bocca. Lo senti sotto il palato. Il cilindretto doppio, solido, elastico salato e caldo. E poi il ruvido dello zucchino e il viscido scivoloso della cozza. E’ un festival di sapori. Premi la lingua e lentamente si schiacciano; ruvido, liscio, sfuggente, morbido, tutta una sola percezione. Ti viene da chiudere gli occhi. Li chiudi.
Ingoi gioia senza nemmeno masticare e la senti scendere lentamente nella gola. Non scivola, passa. Ci resta un poco poi affonda. E’ un piacere di un attimo e poi la felicità che quell’attimo lo puoi ancora rinnovare con il tuo strumento. Affondi la forchetta.
E’ generoso Salvatore, i suoi piatti sono un invito a rimanere, un gesto di schifo per la linea, la pancia piatta, la palestra. E’ un piatto sovrano.
Ripeti il gesto, chiudi gli occhi e di nuovo le stesse sensazioni. Il piacere più grande è ingoiare senza masticare. Senti il blocco che scende giù per la gola, il caldo attraversarti il petto dal di dentro, lo stomaco per un attimo pieno. Sono appena bagnati di sugo e il tutto ricoperto di un olio giallissimo, trasparente. Un boccone, poi un altro, poi ancora. Non bevi.
Sempre più velocemente, prima ripetendo la prova adesso masticando perché i denti e la lingua si riempiano di quel sapore…..
E’ un godimento ed è tutto nella tua bocca. Poi si spande e ti prende il corpo. E’ una vibrazione.
E’ il tuo corpo vivo sul corpo nudo di lei. La stessa armonia, l’onda, l’estasi, la salute, il bene. Come il flusso e riflusso del mare, prima lento poi sempre più rapido, agitato.
E così mangi. Sempre più rapidamente. Il piacere gustato in pieno e subito rimpiazzato con un altro boccone di delizia. Lo strumento argentato, dal piatto alle labbra. Prima le carezza, le sporca poi le apre poi le penetra….
Ti sei messo allegro. Parlate di cazzate, ridete, state bene.
Non ti accorgi ma sta finendo. L’ultima forchettata. Prendi un pezzetto di pane, estrema illusione. Inforchi l’ultimo tubettone che contiene la cozza che nasconde lo zucchino….
Alzi gli occhi. Lo vedi.
E’ uscito dalla cucina trascurando i clienti. Si è nascosto dietro una finestra e ti spia. Ride.
E’ piccolo di statura Salvatore, nonno, calvo, gli occhi azzurri luminosissimi. Porta sempre una coppola, in questo periodo bianca. Ride sempre. E quando non ride i suoi occhi ridono per lui. Forse ridono di lui….
Si diverte come un pazzo a guardarti. Ti saluta con la mano. Gli sorridi, gli vuoi bene.
Finisce. Finalmente bevete. Una bottiglia intera di bianco, del suo vino bianco gelato.
Ancora non lo sai ma lui ti vuole aprire le porte del Paradiso oggi. Così ha deciso….
Il ragazzino svelto, senza parlare vi toglie i piatti e li sostituisce con uno enorme centrale e due piattini bianchi.
L’impepata. Cozze, acqua di mare, pepe nero e il suo peperoncino rosso in polvere. I nostri limoni. Sarà suggestione o le prime gocce di sudore tra i suoi seni abbondantemente esposti, ma già ti tira un po’ l’ uccello. Sei seduto sulla sedia e sotto, le braci. E il corpo di lei come acqua fresca che potrebbe spegnere l’incendio. Sei una bestia, ti muovi tutto. Lei sulle spine quasi come te.
Non vedi l’ora di andartene. Prenderla per mano e correre in salita, fino alla tua camera d’albergo.
Arrivarci insieme, sudati, senza respiro per l’affanno. Giocare per ore, poi strapparle i vestiti sbatterla sul letto e entrarci dentro. Già ti senti dentro di lei, circondato di lei, affondato nel suo corpo. Già ti vedi sudatissimo muoverti come un vitello, pesarle come una roccia, spezzarla in due con la tua forza. Respirare ansimando insieme. Essere dentro il suo corpo e lei piena di te.
E muovervi insieme e sentirti come quando balli un po’ ubriaco nei locali equivochi che frequenti ultimamente: chiudi gli occhi e senti che stai per cadere.
E’ l’ apoteosi della frenesia. Non la desideri nemmeno più, ne hai bisogno. O bruci o chiami i pompieri.
In quel momento accade il sublime. La vera arte…..
Il piccolo viene, neanche lo vedi con gli occhi chiusi e l’immagine delle sue tette, mosse dall’affanno e sudate, dentro agli occhi… L’aureola rosa pallido del suo capezzolo fuggita al morso del reggiseno. Bianco.
Ti toglie i piatti e li sostituisce. Adesso è tutta la dolcezza di Salvatore.
La sua torta, piena di cioccolata e colma di panna……. Forchettina. Non cucchiaino. Forchetta.

La affondi nella morbidezza e nello zucchero, la porti alla sua bocca, dentro la bocca. Lei fa lo stesso.
La frenesia passa senza cedere nemmeno un centimetro di desiderio. Ma adesso è dolce, morbido, zuccheroso. La vuoi vedere spogliarsi piano alla luce dell’abat-jour con il velo rosa, come Sofia Loren, e metterti anche tu vestito e con le scarpe sul letto e ululare ogni volta che si toglie una calza: ci fosse ancora quel vecchio giradischi Geloso con i 45 giri…
La vuoi baciare, coprire piano di te, posarti addosso a lei delicatamente e dolcemente entrarci dentro, dopo averla invogliata baciandola, convinta carezzandola.
Piano mangi le tue forchettate di panna che ti imbocca lei, piano passano sotto il palato. La lingua le spinge, le preme. Senti una morbidezza dolce di zucchero e fredda di frigo. Ti lavi la bocca col vino bianco gelato. Ricominci…
Le vostre voci sono basse. Le cose che vi dite intime e profonde. Intense, dolcissime. Promesse…
Non sei mai stato così. Tra poco, forse sarete insieme e farete l’amore come non l’avete mai fatto..
Ringrazierai Salvatore per questo.
Tra poco forse sarete in macchina, senza neanche esservi toccati. La radio accesa sentirai i risultati. Serie A serie B, la tua squadra del cuore, come te allegramente verso il basso... Lei dormirà beata al tuo fianco. Tornerete in città. Lo ringrazierai anche per questo.

Ragazzino. Caffè. Amaro il tuo. Non glielo avevi mai detto!



Finalino
Due signori, Gino e Gina, arrivano nel tardo pomeriggio in città. Lui ferma ad un cancello, lei preme il telecomando, la vecchia Lancia verde scivola sicura verso il posto assegnato. E’ già quasi buio.
Apre la porta ed entra. Gino si fionda sulla sua poltrona e afferra il telecomando soddisfatto. Ha fatto il suo dovere di marito ed è arrivato anche in tempo; giusto giusto: 90° minuto.
Gina apre il gas chiuso per prudenza prima di partire e si affanna a preparare il caffè. Profumo per la casa. Glielo porta con un frettoloso bacio accolto con insofferenza.
I ruoli sono ristabiliti: lui è il marito e lei fa il caffè.
Gina va verso il lavello colmo di stoviglie, si avvilisce, quindi in camera da letto per togliersi i vestiti buoni. Mette la tuta da casa. Il pigiama –maschile- sarebbe stato più sexy, ma lei sceglie la tuta, è più comoda.
Lava i piatti del giorno prima e, come sempre un’onda di schifo la assale quando deve staccare il cibo incrostato dalle padelle e quello che Lui lascia e che deve essere gettato via.
Poi si affaccia alla porta, è impegnato. Nessuno la guarderà.
Va in camera sua, prende il suo diario segreto nascosto nel cassetto, la bella penna.
Apre alla pagina di oggi:
“Particolare e bellissima giornata oggi, Gino mi ha portata a….
Poi, la penna in bocca, gli occhi fissi in un punto, inizia a ricordare.
Piano senza accorgersene, ma obbedendo a un comando forte e languido al tempo stesso, si stende, la mano destra mantiene il diario chiuso, un dito per non perdere la pagina. La penna cade.
La mano destra diventa sempre più leggera sul quaderno, mentre la sinistra si fa più forte ed insistente, si muove lenta ma forte e preme, sicura; lei sa dove andare.
Dalla gola verso il basso,
poi giù, giù, giù e il respiro diventa forte.
Gina chiude gli occhi.



….Il coltello per gli amanti….




Col. Douglas Mortimer

giovedì 15 marzo 2007

FOTO DI BORGHESIA DI PROVINCIA


Foto di borghesia di provincia


Il pomeriggio di mezzo agosto ero alla nostra solita processione del paese. Ci vado per una curiosità sempre più stanca, tanto turisti se ne vedono molti di meno e la ricerca delle radici e delle tradizioni popolari mi comincia ad interessare poco.
Quella volta mi andò bene. Nel nero assoluto delle donne che seguivano il Santo, sotto un cielo stranamente plumbeo e pieno di tristi presagi, c’era una ragazza che subito mi parve una turista straniera. Era molto bella, alta, bionda, dritta, magra e coloratissima. Aveva lunghi capelli sciolti che le cadevano ondeggiando sulle spalle.
Aveva dei pantaloni bianchi che le lasciavano scoperte le caviglie, una mogliettina gialla dall’ombellico in poi, insomma era davvero di una bontà notevole.
Era attentissima e sorridente. Sorrideva sempre e guardava tutto. Non si perdeva niente e mi pareva si divertisse molto.
Abbandonai la processione e mi misi a seguirla con lo sguardo. Aspettavo di vedere il suo ragazzo che faceva le foto e speravo di no.
Poi la persi di vista e me ne tornai a casa con quella sensazione nota di quando hai visto una bella femmina.
Ti rimane un languore allegro per qualche ora, fino a quando l’immagine sbiadisce e per un po’ credi di poter fare ogni cosa.


La rividi ancora alla festa di Santa Lucia. E’ l’ultimo giorno di allegria, introduce le festività natalizie e ci prepara ad affrontare tre mesi di sofferenza, di solitudine e di gelo.
Si accende un falò enorme e si rimane tutta la notte a ballare, a bere e a mangiare panini con salsiccia e patatine fritte.
E’ la sera e il luogo dove, dopo un anno, ci si incontra avanti al fuoco e si ricompongono vecchi rancori…
Ero lì con i miei amici del paese, già mezzo ubriaco di vino e di sigarette e circondato di gente più o meno nelle stesse condizioni.
Arrivò da sola, sorridente ed attenta. Sola, come alla processione. Prese il panino ed il suo bicchiere di vino bianco e sedette alla panchina.
Noi a queste feste ci rompiamo un po’ perché ci conosciamo tutti e le nostre donne, anche se bellissime non sono una novità.
Quindi quella fu l’occasione. Senza farla notare agli altri decisi. Invitarla a bere, a ballare, a fumare una sigaretta “speziata” ed a scopare (hai visto mai!).
Con questi sani propositi, mi misi ad osservarla per capire se fosse sola e quando e come iniziare il corteggiamento.

Lei non era venuta alla festa, era venuta per vedere la festa!
Rimasi incantato. Non partecipava, ma seguiva tutto dalla sua panchina. Si era scelta il posto centrale e si godeva lo spettacolo. Il ballo, Michele e Isabella che cantavano, la gente che beveva e che parlava, chi arrivava e chi andava via. Il castagnaro che attizzava il fuoco.
Quando Michele coinvolgeva il pubblico lei alzava le mani, o le batteva, con le gambe manteneva il ritmo; ma non parlava mai con nessuno e non si è mai alzata di lì.
E nessuno le parlava. Sembrava felice.
Non era il tipo di ragazza che si mette in vetrina e si fa ammirare ma non dà confidenza. Lei era contenta a vedere la festa. Lei la vita la osservava, non la viveva.
Era una turista della vita.
Non avrà avuto più di vent’anni, e questa cosa proprio non la riuscivo a capire.
Poteva avere tutti i ragazzi intorno, poteva girare e ballare sempre con maschietti differenti, mettersi con qualcuno, stare nel mezzo del cerchio.
Non mi sembrava né timida né spocchiosa. Aveva scelto di mettersi lì e godersi la festa a modo suo.
Alla fine della serata accadde qualcosa di stranissimo. Andandosene si trovò nella cerchia dei suoi coetanei.
Come avevo immaginato, tutti la chiamavano per nome, la invitavamo e la coinvolgevano. E lei ci stava. Era come se fosse stata in mezzo a loro fino a quel momento. Li ringraziava, prometteva incontri e appuntamenti, scambiava numeri di telefono. Rideva e si divertiva molto.

Me ne tornai a casa con l’idea di raccontare una favola dove la bona biondina potesse essere la fatina, vestita di azzurro etc etc. Cose note.

Da quella volta la incontrai spesso per il paese, mai nella città turistica, solo nel paese e nei villaggi intorno. Sempre sola, sorridente ed attenta a tutto quello che capitava.
Si guardava intorno compiaciuta e benevola, curiosa. Stupita. Come facciamo noi quando per la prima volta vediamo New York.

Una sera di inverno, nel solito percorso dal garage a casa passai avanti al centro parrocchiale in festa. Sapevo che c’era la recita e la cosa mi era scivolata addosso nel gelo di quei giorni. Volevo solo un po’ di calore, quindi correvo verso casa.
Ma lì dentro facevano casino, poi c’erano le luci e sicuramente un bel calduccio.
Entrai e mi scelsi una sedia. Era proprio dietro alla ragazzina bionda. Mi spostai di due posti e mi osservai lo spettacolo di lei che si osservava lo spettacolo.
La recita era davvero cretina, il solito: bambini travestiti che si divertono un mondo a specchiarsi l’uno nell’altro e che sono poi loro il vero spettacolo, mamme emozionate, papà sfottuti, gente che capita lì non tanto per la rappresentazione quanto per il rinfresco.
In quel periodo era di moda Francesco. La scena era un musical sulla vita del Santo.
L’unica che si divertiva era lei. Come al solito sola, e come al solito attentissima e divertita. Guardava avanti e spostava la testa e il busto per non perdersi nessuna scena.
Era felicissima per un lavoro piuttosto mediocre; rideva e batteva forte le mani. Non riusciva neanche a stare col suo bel sedere fermo sulla sedia e, da dietro sentivo che respirava forte.

Quando le cose non le capisco mi arrabbio e me ne vado.
Quindi aspettai la fine dell’atto per non fare capire a quelle mamme, molte le conoscevo, che la serata era insostenibile. All’intervallo me ne andai.
Mi voltai per l’ultima volta per dare l’addio alla strana fanciulla bionda.

La scena era questa: Bianco assoluto sul palco, niente di niente solo le luci dei proiettori.
Persone che parlavano e mamme ansiose. Bambini strafelici che correvano. Ma il palco vuoto e bianco.
Mi volto verso di lei e la vedo guardare vanti spostando leggermente il busto a destra e a sinistra per scansare qualche testa che si muove. Si agita, guarda avanti e sorride. Sorride? Si, sorride, sorride….


Vorrei dirti le parole più vere
Ma non oso
Per paura che tu rida


Col. Douglas Mortimer





Trenella!!!
Affaciate alla fenestella!
-.-

E uè uè
Cu sta resella, cu sta resella
Cu st’uocchi e cu sti vruoccoli,
stì vruoccoli,
stì vruoccoli,
lu core comme spruoccole
me stai a strazzià
me stai a strazzià.
E lu core comme spruoccole, me stai a strazzià,
a strazzià
a strazzià.
-.-

Carugnona!
Io t’aggio chiamato e tu nun t’affacce!
E fai arrabbià a Pullecenella…..


(la serenata di Pulcinella. Cimarosa)

Col.Douglas Mortimer

lunedì 12 marzo 2007

DOMENICA SERA VERSO SUD


Domenica sera, verso Sud

E’ buio la domenica pomeriggio di un autunno insolitamente freddo.
Fuori piove e c’è vento.
La vecchierella si affretta a sparecchiare, a lavare i piatti e riporre bicchieri e posate buone nella vetrinetta dai vetri opachi. I figli i nipoti e i loro fidanzati sono venuti da lei, come ogni domenica.

Si sono messi a tavola nella sala da pranzo e, come al solito, hanno parlato tra di loro, ridendo e scherzando o dicendosi cose importanti e serissime che lei non afferra completamente. Ma capisce il senso, le arrivano le alleanze e le antipatie.
Giungono in gruppo, mangiano, discutono, si rivolgono a lei sorridendo e poi all’improvviso se ne vanno via. Tutti insieme, dopo aver adempiuto al loro dovere.
Quando le parlano sono affettuosi e gentili, specialmente i bambini ma nessuno le chiede cosa sta pensando e cosa vuole, di che ha paura e cosa desidera. La notte come dorme e che sogni fa.

Ma lei è contenta.
Li vede uniti, frequentarsi, crescere insieme figli e nipotini, la sua casa si riempie una volta alla settimana poi piomba nella solitudine più assoluta.
Lei, gli animali della fattoria, i tempi della campagna ancora più impegnativi della fabbrica, senza riposo, nemmeno la domenica; le foto dei suoi parenti e il ricordo di suo marito.

E poi c’è la chiesa
La domenica pomeriggio, andati via i figli, lei rimette tutto a posto, lava per terra poi chiude la camera da pranzo e si prepara.
Vestito nero, scialle del pellegrinaggio, il Rosario, il Librettino e si affretta per le stradine deserte e spazzate dal vento verso la Messa delle sei.

Entra e siede sola sulla sua panca e aspetta pronta.
Quello è il momento in cui parla con Dio.
Gli raccomanda i suoi tanti anni, il figlio che non riesce a vedere sistemato, gli offre le fatiche, il ricordo del marito e poi si perde abbandonandosi al pensiero di come sarà il futuro della sua vita quando questa sarà finita. E’ un dialogo tra i suoi segreti e un altro Dio.. Nessuno può più dirle come deve rivolgersi a Lui e nessuno saprà cosa si sono detti e neanche lei quando sarà ritornata nella chiesa dove adesso siede il suo corpo, in attesa di lei.

Le candele sono tutte accese e le luci laterali già dicono della Festa che si consumerà appena entrerà il Celebrante. Il fortissimo odore di incenso giunge fino a lei spinto dal vento…
E’ il vento che porta una novità.

Da un punto dietro l’Altare Maggiore arriva una strana musica, nuova. Le ricorda vagamente una canzone che cantavano alle feste del raccolto quando era ragazza. Si sforza di collegare quelle parole all’immagine di lei che ballava con un uomo dal bello aspetto e dai modi cortesi col fazzoletto rosso annodato in gola.
E’, Sembra, Non è ma è proprio, Come se fosse
La tarantella del Gargano!!!! Sìì è quella!! E nel suo ricordo passano tutte le note e le voci, i versi. Questa non è Lei ma ha qualcosa di Lei.
Confonde e poi unisce le immagini di sé stessa che balla nella piazza del paese e della canzone e Lei diventa canzone.
Ma questa viene direttamente dal vento e porta delle sonorità sconosciute. Comincia con un qualcosa di arabo e di remoto. Un ticchettio sempre più veloce e vicino e poi parte con un giro di basso e dei timpani.
Poi la voce che arriva direttamente dal Cielo. E’ il soffio di Dio, se solo Dio fosse femmina.

Di rose t’haia fari nu bellu ciardini

Il ritmo del basso e delle percussioni rimane costante ma entrano continuamente nuovi strumenti stravolgendo il suono che lei ricorda bene adesso. Quindi si perde e si ritrova nei suoi ricordi e comincia ad immaginare un dialogo tra Santi, le cui immagini sono raffigurate ai lati della chiesa.
Improvviso uno squillo altissimo di trombe, tre note, mentre la bella voce continua a raccontare cantando con dolcezza immutata e il basso gira insieme alla batteria –che lei non riconosce-.
Uno squillo acuto di tromba annuncia la presenza stessa di Dio e lei si trova, vestita di nero e seduta sulla sua panca, Lei ragazza, ballerina sulla piazza principale alla presenza dell’Altissimo.
Poi cambia tutto e diventa una improvvisazione Jazz con suoni che non conosce e dove si perde.
Ci cammina dentro, come in un giardino segreto. Si ferma.
Pensa a un discorso tra loro che non può e non deve capire ma che ha il privilegio di ascoltare, quindi si dispone a un attento “sentire” . Sono tanti strumenti che suonano insieme e immagini che cambiano continuamente avanti ai suoi occhi. Le sembra di avvertire il ruscello che scorre, poi improvviso un cenno di flauto che le mostra il primo uccellino primaverile –ancora avvolto nel gelo- e ogni tanto il ritorno al tema principale della tarantella con la voce femminile che continua ininterrotta a recitare i versi della antichissima canzone.
C’è un costante perdersi e ritrovarsi e la vecchierella si sente seduta in chiesa ma si vede, lei stessa –ragazza- ballare e passeggiare per il parco più bello che la sua memoria ricordi.
Il basso adesso è potente, sottolinea la gravità del dramma che ora sta vivendo e ora sta osservando.
Poi dal lato opposto un suono di trombe, ma in nota di basso, mette tutti in allerta.
Il diavolo ha fatto la sua apparizione.
Adesso non c’è più tempo per la melodia e per lei, adesso sono tutti gli strumenti che suonano mentre la voce tace. Ognuno combatte la sua battaglia sonora e a lei arriva l’effetto stereofonico di un’orchestra di suoni che nell’insieme hanno qualcosa di altamente melodioso ma che le sfuggono. Ascolta seduta sulla sua panca, mentre lei ragazza si nasconde dietro un albero del giardino celeste che sta percorrendo.
E la vecchierella e la ragazza guardano.
La battaglia è feroce e velocissima; un orchestra si coalizza contro la presenza maligna e fuori tono e ben presto un solo paio di note di organo ha il sopravvento sugli strumenti tutti che piano piano si dileguano. Le due note proseguono ossessive, sottolineate dal basso e dal piatto, e salgono di volume e velocità, rimanendo le stesse.. Il ritmo è talmente alto che si rompe, come un bicchiere infranto, in un punto preciso alla destra dell’Altare Maggiore, vicinissimo alla croce.
Il Diavolo è lontano.

C’è un solo istante di silenzio poi un sottile timpano e di nuovo la sensazione dell’uccellino che ritorna, quindi timidamente si reintroducono tutti gli strumenti.
In un attimo ritorna l’Angelo e riprende la melodia della vecchia tarantella. La ragazza esce dal nascondiglio e comincia a ballare lieve su un pavimento d’aria, la voce la porta.
Le trombe alte segnalano che Dio ha ora lasciato quel Congresso.
La musica continua, ma ad ogni giro con un tono minore fino ad esaurirsi quasi e poi a spegnersi con un lontano suono di timpani.
Sempre più lento, sempre più lontano mentre l’immagine così nitida della ragazza diventa sfocata nella mente della vecchierella.
Rimane la foto di suo marito, che lei conserva sul comodino e nel suo cuore. Un uomo alto ed elegante, mentre faceva il contadino, che parlava bello e dall’incedere galante.. .


M’n’ha fatt nnammurà la camminatur e lu parlà
M’n’ha fatt nnammurà la camminatur e lu parlà

Si bell’ tu non c’iri n’ammurà nun me facive



Qualcuno ha lasciato la doppia porta aperta e il vento ha portato verso la vecchierella suggestioni antiche e memorie che arrivano direttamente dagli alberi che vivono a testa in giù e nel periodo autunnale, tutti sanno, sono custodi di segreti e pensieri remoti e cose dell’anima.
Quindi riemerge dalla sua preghiera segreta; la chiesa si anima. Entra il celebrante.
Ad un cenno si alza in comunione con le altre e –frettolosa- si segna col Segno della Croce.





COl. Douglas Mortimer

mercoledì 7 marzo 2007

GOSSIP


GOSSIP

A battere

“Ha visto quella….?!” E’ un autentico scandalo, le dico –Signora Mia-,,,,!”

C’è qualcosa che mi entra nel corpo in estate, e passa dal naso. Sono gli odori:
creme protettive miste ad oli abbronzanti che scivolando insieme al sudore, creano disegni simmetrici su fianchi femminili ancora piacenti e superpompati da ore di step, massaggi e saune.
A questi si unisce il profumo d’olio dei motori fuoribordo e quello tipico del legno macerato degli stabilimenti.
E mi capita così, all’improvviso una mattina. Arriva tutto insieme e dici:
“E’ estate!”.

Sulla spiaggia file parallele di ombrelloni blù con frangettine bianche.
Sotto; signore perbene , spalmate di protezioni schermo totale, spruzzate di Autan e con oli abbronzanti alla carota che scurisce la pelle (?)

“Signora mia -che caldo oggi! Ma non succede mai niente qui, su questa spiaggia!”
“E che vuole che Le dica? Ha visto che bel giovanotto, quel Giovannone, eh? Un bel pezzo di bel bagnino..”
“Dica la verità. Lo darebbe volentieri a sua figlia eh?”
“Signora, ma che dice?!! Guardi, guardi, piuttosto, la figlia della Signora XXX..
“Chi quella bella ragazza col sederino tondo tondo…
“Sì, proprio lei, guardi, guardi, le s’è slacciato il costume proprio sul fianco.!”
“Oh!”

Il dado è tratto. Adesso tacciono, ognuna sotto il suo ombrellone e guardano avanti. Immaginano quello che già sanno.

Sulla spiaggia, -in fila indiana e allineati in modo regolare-, sono gli ombrelloni che parlano. Sotto ognuno di esso una signora per bene. Quella più per bene di tutte si chiama dabbene.
Parasole, hanno dei movimenti simmetrici, oscillatori, paralleli alle loro file. Sembrano il tergicristalli di quel treruote che in tutta Italia si chiama APE ma che a Sorrento ha il doppio articolo e viene detto LALAPE.
Si muovono in un continuo oscillare verso l’uno e verso l’altro e trasmettono, riportano. La TV via cavo ha un antenato sulle spiagge nostrane.


Movimento: Destra - sinistra.
L’ombrellone al fianco delle due donnedabbene oscilla, come sotto effetto di quel vento di agosto che soffia costante, lento e caldissimo, detto phon.
Le frangettine tese; sotto una donna cerata, finge di dormire.
Lentamente lo stesso si riversa da quell’altra parte e in un bisbiglio sommesso, di quelli che si sentono nei salotti buoni –un parlare frettoloso e silenzioso, ma non troppo perché altrimenti non si diffonde il pettegolezzo:
“Ha sentito, Signora? La figlia della Signora XXX,
“Chi?
La signora XXX no? La figlia?
Ah! Quella bellina col sedere un po’ grande?
“Diciamo abbondante; comunque sì. Lei.
“E allora?
“Mentre andava al mare stava perdendo il costume….
“ E come è stato com’è stato?
“Mentre camminava, pare che qualcuno le abbia fatto un complimento. Lei si è girata di scatto, si è slacciato il lacc
“No guardi! Signora mia, a me queste cose non interessano, io mi faccio i fatti miei e non do retta a nessuno“

Ma dopo un poco L’ombrellone oscilla paurosamente verso sinistra. Il bagnino novello si allarma, il proprietario gli fa segno con la mano: niente niente,
cos èfemmene.

“Signora, Signora, Signora? Signora!!! SIGNORA!
“Ehh, CHE ‘Dè Né”
“Signora, mi scusi se la disturbo, ma glielo devo proprio dire.
“E gghiate ricennn signò, me stev addurmene nù poc “ ma l’orecchio è appizzatissimo.

“Signò Voi la conoscete le figlia della Signora XXX? NO?
“Chie è né Signò, quella pezz’è femmenona cù culo che me pare nu cuofano?
“Eh Sì quella bella ragazzetta tonda, diciamo in carne, col sedere un po’ grosso, ha presente?
“Azz’ un po’ grosso? Va buò Jate ricenn Signò …”

“Orbene, lei lo sa cosa ci capita? La ragazzetta s’era avviata verso il mare, poi alcuni giovanotti l’hanno chiamata, sembra addirittura insultata, sà? Quei complimenti un po’ pesanti come li facevano anche a noi da ragazze,
“Amme me ffanno ancora, Signò!
“Ordunque, la ragazza pare si sia voltata di scatto e, d’improrvviso così, immantinente
“Immantiche?
“ OHHH Improvvisamente
“AH, all’intrasatta! OKKEY!
“Insomma, improvvisamente, un grido. Che spavento! Le si era slacciato il costume e stava per cadere giù, proprio avanti ai ragazzi. Pensi, che scandalo…
“AZZ’ Signò emmo cell’aggi à dicere a mia cuggina Natascia che sta avanti ammè coll’ombrellone. Grazie della notizia, Signò”

Quindi si alza ed interrompe il flusso orizzontale della trasmissione. Ma la News continua.
E’ una bella donna, con un bikini pushup le labbra rosse e il mento volitivo. Ti viene voglia di farle quella carezza a tre dita, cominciando dallo spigolo della faccia verso il mento. Ma durerebbe poco, le dita ti sfuggirebbero via in un impasto di oli e creme e poi ti rimane solo la sabbia per ripulirti i polpastrelli.
Ha delle pantofole altissime tutte dorate e un asciugamano candido di bucato per non prendere i batteri. Cammina ancheggiando in modo seduttivo, porta una sigaretta alle labbra stampandola di rosso e va verso Natashia che le porge il fuoco.
“Natascia, tu à saje à chella, à figlia rà Signora XXX?
“SI cara, la conosco…Quella grassottella col sedere che sembra un cuofano.
Poi parlando italiano
”Natascia, tu devi sapere che quella, la ragazza, stava andando al mare per caz Uh! Mi Scusa! Per fatti suoi, quando un gruppo di ragazzini si è messo intorno a lei, la ha sfottuta, ci ha detto le parole e c’a pure messo le mane in cuollo. Chella, a guagliona ha tentato di difendersi, ma per scappare si è sciolto il laccetto del costume ed è rimasta con quel culo enorme da fuori..
“Quella scostumata!!!!
“Aspe’ che glielo dico alla signora affianco”.

Movimento: sinistra-destra.

Mentre l’ombrellone si dirige verso il lato della signora, l’altro và verso destra. Si incontrano.
“Signora, Lei lo sa
“Signora Natassia, lei non ha idea che cosa è capitato oggi in spiazzia, non le dico e non le conto, anzi le conto e le dico che, poco dianzio propreto qui vicino
“ SI, signora, ma mi lasci dire
“Dopo, dopo. Ma Lei conosce la figlia grassa della Signora XXX? Quella col sedere talmente enorme che ha bisogno della sdraio fatta apposta per lei e quando si alza tutti protestano perché gli leva il sole?
Eh, la culona, come non la saccio? Anzio a proposito, le volevo dire
“No no, stia a sentire, pare che mentre andava al mare alcuni giovani l’hanno sfottuta per quel suo panaro enorme, poi, si sono messi tutti intorno. La poverina per scappare è inciampata su un sasso ed è caduta a faccia interra. Mentre cadeva le si è sclacciato il costume ed è rimasta col culo nudo sulla spiaggia. Pare che avesse tatuata una rosa!!!!”

Ehno!, cara Signora Lei non sa bene. La ragazza –obesa-, stava scappando perché alcuni pirati saraceni, spuntati dalllà dietr ohi? la volevano abbruciare. Ma, impedita dal suo enorme sedere, è caduta. Mentre cadeva si è slacciato il costme e sono apparsi allo sguardo pubblico due enormi panari. Pare che su ogni nacheta fosse impresso con il Marchio di Fuoco l’iniziale del suo amante; nomo e cognomo:
Sir Stefan.




Gossip maschile. A levare

E mentre le donne spettegolano i mariti sono stesi sulla spiaggia a pendere il sole.
Anni ’50 non grassi ma con una bella pancia e con quelle che qualcuno affettuoso (o pietoso) ha chiamato Maniglie dell’Amore. Ma hanno i calzoncini a tre quarti da teen agers, l’orologio 28” stereo, la collanina e l’anellino etnico al pollice. Non sanno perché ma ce l’hanno.
“Lo sai mi sono comprato un SUV americano, l’ho pagata 50mila euro e ha 12 cilindri 24 marce, sei ruote…..
1° passaggio. “Che ha detto? “ “Dice che si è preso un fuoristrada da cinquanta migglioni. Bah, per me è un purpo”
2° passaggio. “Eh?!” “No pare che si è comprato la macchina nuova, pare che sia prodigiosa. Robba americana, tre anni e la butta”
3° passaggio. “Come come? “Niente, l’hanno fatto fesso. Si sono presi un sacco di soldi e ci hanno dato un fuoristrada, pare che come l’ha messo in moto sia scoppiato…
La Lapide. “Lo so, lo so, quella la macchina americana se l’ha comprata pure un lontano cuggino mio di Milano! . Pare che è tutta scassata, ti rimangono le maniglie dei finestrini in mano, brucia olio e conzuma benzina. Due settimane dopo che l’aveva presa –croce nera-, si sono rotti i freni…. Insomma tutta l’estate all’ospetale con tutte e due le gambe ingessate”
Commento. “Io tengo la nuova Panda l’ho pagata tre cimici e un pidocchio e non faccio il fanatico. Io!!!”.







GOSSIP. TUTTI I PARTICOLARI (comprese foto della donna cannone) in cronaca.

Col. Douglas Mortimer

HAI CHIUSO IL GAS?


HO CHIUSO IL GAS?
Hai chiuso il gas? ”
Il signore, ancora giovane e da poco separato sta accingendosi a partire per una cittadina inglese dove incontrerà la sua nuova amante per passare con lei qualche giorno di vacanza.
E’ fuori dalla porta, sul pianerottolo con tre valige e una domanda.
Prende le chiavi ed apre il lucchetto superiore –sette mandate-, quello inferiore –cinque-, entra in casa e si dirige verso la cucina. Avvicina il naso a ciascun fuoco del fornello, non sente odore di gas, quindi, per essere sicuro porta le dita vicino ai fori poi al naso.
Tutto a posto a parte un forte tanfo di frittura appiccicato alle mani.
Quindi va in bagno, apre il rubinetto generale e si lava per bene. Poi chiude la fontana ed esce.
Ascensore. Porta del piano, porta della cabina, tre valige poi di nuovo le due porte e quindi il tasto T.

Tasto STOP. Tasto7.
“Ho chiuso l’acqua?”
Ritorna al piano, caccia fuori le tre valige, chiude l’ascensore, riapre la porta, sette mandate più cinque, va in bagno e si assicura che l’acqua è chiusa dal generale, quindi finalmente rasserenato esce.
Qualcuno chiama l’ascensore, lui si affretta vicino alla porta, poi al volo nella cabina.
“Fottuto!! Ce l’ho fattaa!!” e con i gomiti piegati batte i pugni per aria.

Tasto STOP. Tasto 7.
“Ho chiuso la porta? ”
Risale di corsa -sta facendo tardi e rischia di perdere il volo-, caccia fuori le valige, chiude l’ascensore che l’altro occupa “Ma porca putt “ quindi va verso la porta.
Chiave superiore, mancano sette mandate, le dà, chiave inferiore, chiusa bene ma per sicurezza la apre e la richiude. Poi –furbo- bussa al campanello così è sicuro che la corrente è staccata. Alla fine prende le valige e si scaraventa per le scale. Sette piani e il rumore del tuono.
Si affacciano tutti alle porte. Qualcuno dal pianerottolo accenna a tutti i suoi parenti trapassati, senza conoscerli: Chitemm !!
Arriva in strada cerca poi trova l’auto che aveva posteggiato da qualche parte, ci carica le valige e si dirige veloce verso l’aeroporto.
Parcheggia nello spazio riservato, passa per il check-in trattenendo il bagaglio a mano e finalmente si siede sulla poltroncina nella sala d’attesa.

Comincia a calmarsi. Cambia il canale della sua televisione interiore. Adesso c’è il fermo immagine della bella signora dalle gambe lunghe che lo attende all’aeroporto inglese. Ceneranno insieme, faranno delle gite, andranno per pub ed a ascoltare la musica folk, poi lui salirà a casa sua e faranno l’amore.
Con la mente piena di queste immagini idilliache si avvia verso il pullman.

Un puntino bianco si impadronisce della sua mente. Cerca di cacciarlo, non ci riesce, lo ignora.
Sale le scale e prende posto in aereo; il puntino si allarga, lo allontana. Posa il suo bagaglio sull’apposito ripiano e siede con un libro, gli occhiali e una macchia bianca dentro alla testa. Adesso lo sa che non può più cacciarla. Deve conviverci.
Seduto attende il decollo con la cintura di sicurezza già allacciata.

Avanti ai suoi occhi lo schermo del cinema; panavision. Bianco.
Apre gli occhi, li richiude, tenta di leggere qualcosa. Niente.
E’ seduto in aereo, ha un cinema nella mente e davanti a sé uno schermo luminoso.
Cambia inquadratura,

Contatore del GAS.
Chiavetta parallela al tubo.

Lo sa! Lui lo sa che la chiavetta deve essere trasversale per chiudere il gas.
“Ma io non ho sentito l’odore! Ho provato tutti i fuochi!
Ci sono tornato apposta!!!”
Davanti agli occhi il fermo immagine.
Contatore, chiavetta, gas.
Parallela!!!!!

L’aereo si muove e entra in pista di decollo. Attende l’OK.
Lui è lì seduto con la chiavetta della mente in posizione parallela. Suda e si tiene fermo al sedile. Il vicino sorride pensando al classico panico da prima volta.

Poi inizia il film.
Suo figlio –gli ha dato le chiavi- sa che lui non c’è ed entra in casa con l’amichetta bionda. Accende la luce
BBBOOOOOMMMM
soffitto crollato,
due dispersi, articolo col suo nome in cronaca.
“Hostess?”

L’aereo rulla sulla pista. Inizia il decollo. Si stacca, sale.

Suo figlio entra in casa con la sua amichetta bionda e un amichetto per una cosa a tre. Accende la luce.
BBBBBOOOOOOOOMMMMMM
Palazzina di sette piani rasa al suolo. 72 coinquilini introvabili, articolo col suo nome in prima pagina.
“Hostess? Hostess?”


Ormai sono in volo e tutti si tolgono la cintura di sicurezza, tranne lui. E’ ancora lì, seduto con le mani serrate sulle maniglie, il corpo teso e la cintura allacciata.

Suo figlio entra in casa con due finte bionde transessuali siberiane dal culo basso e un pappone ucraino completamente calvo e glabro, con le manette e tutti vestiti fetisch in plastica nera.
Accende la luce
BBBBOOOBOBOMBOOOMBOOOM
Tutto il quartiere residenziale sconvolto da una violenta esplosione settemilasettantacinquemilaetre dispersi tra le macerie.
L’Esercito Italiano interviene in aiuto ai Vigili del Fuoco e edizione straordinaria del di Emilio Fede che gli piace tanto. Suo nome e suo volto affiancato a quello del Mostro di Meelwooke.
“Hostess? Hostess?” “Hostess, per favore hostess!!”

Ormai convive con un fantasma dal colore azzurro e di odore acre che fluttua a mezza altezza in tutta l’aerea della sua casa aspettando che qualcuno entri per scoppiare e rovinarlo per sempre. Esce dai fornelli del gas e si esaurirà solo quando sarà finita la fornitura per tutta la sua città: Roma!!
“Hostess; Hostess! Hostess!! Hostess? Hostess… HHOOSTEEESS!!”

“Eccomi, Signore, come sta? Va tutto bene? Paura del volo? Una pillolina calmante e vedrà che non si accorgerà nemmen

“Dobbiamo tornare indietro! Dobbiamo tornare indietro! Lo dica all’autista che deve girare e ritornare, è urgentissimo…” trema e suda

“Ma, Signore, è successo forse qualc
“Non mi chieda niente per favore…E’ di vitale importanza per tutta Roma!
Dobbiamo tornare indietro!.”

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“Torre di Controllo, Torre di Controllo, qui il Comandante che chiede il permesso di invertire la rotta per una grave emergenza nazionale. Torre di controllo.. “





Hai chiuso il gas?






Col. Douglas Mortimer