
Domenica sera, verso Sud
E’ buio la domenica pomeriggio di un autunno insolitamente freddo.
Fuori piove e c’è vento.
La vecchierella si affretta a sparecchiare, a lavare i piatti e riporre bicchieri e posate buone nella vetrinetta dai vetri opachi. I figli i nipoti e i loro fidanzati sono venuti da lei, come ogni domenica.
Si sono messi a tavola nella sala da pranzo e, come al solito, hanno parlato tra di loro, ridendo e scherzando o dicendosi cose importanti e serissime che lei non afferra completamente. Ma capisce il senso, le arrivano le alleanze e le antipatie.
Giungono in gruppo, mangiano, discutono, si rivolgono a lei sorridendo e poi all’improvviso se ne vanno via. Tutti insieme, dopo aver adempiuto al loro dovere.
Quando le parlano sono affettuosi e gentili, specialmente i bambini ma nessuno le chiede cosa sta pensando e cosa vuole, di che ha paura e cosa desidera. La notte come dorme e che sogni fa.
Ma lei è contenta.
Li vede uniti, frequentarsi, crescere insieme figli e nipotini, la sua casa si riempie una volta alla settimana poi piomba nella solitudine più assoluta.
Lei, gli animali della fattoria, i tempi della campagna ancora più impegnativi della fabbrica, senza riposo, nemmeno la domenica; le foto dei suoi parenti e il ricordo di suo marito.
E poi c’è la chiesa
La domenica pomeriggio, andati via i figli, lei rimette tutto a posto, lava per terra poi chiude la camera da pranzo e si prepara.
Vestito nero, scialle del pellegrinaggio, il Rosario, il Librettino e si affretta per le stradine deserte e spazzate dal vento verso la Messa delle sei.
Entra e siede sola sulla sua panca e aspetta pronta.
Quello è il momento in cui parla con Dio.
Gli raccomanda i suoi tanti anni, il figlio che non riesce a vedere sistemato, gli offre le fatiche, il ricordo del marito e poi si perde abbandonandosi al pensiero di come sarà il futuro della sua vita quando questa sarà finita. E’ un dialogo tra i suoi segreti e un altro Dio.. Nessuno può più dirle come deve rivolgersi a Lui e nessuno saprà cosa si sono detti e neanche lei quando sarà ritornata nella chiesa dove adesso siede il suo corpo, in attesa di lei.
Le candele sono tutte accese e le luci laterali già dicono della Festa che si consumerà appena entrerà il Celebrante. Il fortissimo odore di incenso giunge fino a lei spinto dal vento…
E’ il vento che porta una novità.
Da un punto dietro l’Altare Maggiore arriva una strana musica, nuova. Le ricorda vagamente una canzone che cantavano alle feste del raccolto quando era ragazza. Si sforza di collegare quelle parole all’immagine di lei che ballava con un uomo dal bello aspetto e dai modi cortesi col fazzoletto rosso annodato in gola.
E’, Sembra, Non è ma è proprio, Come se fosse
La tarantella del Gargano!!!! Sìì è quella!! E nel suo ricordo passano tutte le note e le voci, i versi. Questa non è Lei ma ha qualcosa di Lei.
Confonde e poi unisce le immagini di sé stessa che balla nella piazza del paese e della canzone e Lei diventa canzone.
Ma questa viene direttamente dal vento e porta delle sonorità sconosciute. Comincia con un qualcosa di arabo e di remoto. Un ticchettio sempre più veloce e vicino e poi parte con un giro di basso e dei timpani.
Poi la voce che arriva direttamente dal Cielo. E’ il soffio di Dio, se solo Dio fosse femmina.
Di rose t’haia fari nu bellu ciardini
Il ritmo del basso e delle percussioni rimane costante ma entrano continuamente nuovi strumenti stravolgendo il suono che lei ricorda bene adesso. Quindi si perde e si ritrova nei suoi ricordi e comincia ad immaginare un dialogo tra Santi, le cui immagini sono raffigurate ai lati della chiesa.
Improvviso uno squillo altissimo di trombe, tre note, mentre la bella voce continua a raccontare cantando con dolcezza immutata e il basso gira insieme alla batteria –che lei non riconosce-.
Uno squillo acuto di tromba annuncia la presenza stessa di Dio e lei si trova, vestita di nero e seduta sulla sua panca, Lei ragazza, ballerina sulla piazza principale alla presenza dell’Altissimo.
Poi cambia tutto e diventa una improvvisazione Jazz con suoni che non conosce e dove si perde.
Ci cammina dentro, come in un giardino segreto. Si ferma.
Pensa a un discorso tra loro che non può e non deve capire ma che ha il privilegio di ascoltare, quindi si dispone a un attento “sentire” . Sono tanti strumenti che suonano insieme e immagini che cambiano continuamente avanti ai suoi occhi. Le sembra di avvertire il ruscello che scorre, poi improvviso un cenno di flauto che le mostra il primo uccellino primaverile –ancora avvolto nel gelo- e ogni tanto il ritorno al tema principale della tarantella con la voce femminile che continua ininterrotta a recitare i versi della antichissima canzone.
C’è un costante perdersi e ritrovarsi e la vecchierella si sente seduta in chiesa ma si vede, lei stessa –ragazza- ballare e passeggiare per il parco più bello che la sua memoria ricordi.
Il basso adesso è potente, sottolinea la gravità del dramma che ora sta vivendo e ora sta osservando.
Poi dal lato opposto un suono di trombe, ma in nota di basso, mette tutti in allerta.
Il diavolo ha fatto la sua apparizione.
Adesso non c’è più tempo per la melodia e per lei, adesso sono tutti gli strumenti che suonano mentre la voce tace. Ognuno combatte la sua battaglia sonora e a lei arriva l’effetto stereofonico di un’orchestra di suoni che nell’insieme hanno qualcosa di altamente melodioso ma che le sfuggono. Ascolta seduta sulla sua panca, mentre lei ragazza si nasconde dietro un albero del giardino celeste che sta percorrendo.
E la vecchierella e la ragazza guardano.
La battaglia è feroce e velocissima; un orchestra si coalizza contro la presenza maligna e fuori tono e ben presto un solo paio di note di organo ha il sopravvento sugli strumenti tutti che piano piano si dileguano. Le due note proseguono ossessive, sottolineate dal basso e dal piatto, e salgono di volume e velocità, rimanendo le stesse.. Il ritmo è talmente alto che si rompe, come un bicchiere infranto, in un punto preciso alla destra dell’Altare Maggiore, vicinissimo alla croce.
Il Diavolo è lontano.
C’è un solo istante di silenzio poi un sottile timpano e di nuovo la sensazione dell’uccellino che ritorna, quindi timidamente si reintroducono tutti gli strumenti.
In un attimo ritorna l’Angelo e riprende la melodia della vecchia tarantella. La ragazza esce dal nascondiglio e comincia a ballare lieve su un pavimento d’aria, la voce la porta.
Le trombe alte segnalano che Dio ha ora lasciato quel Congresso.
La musica continua, ma ad ogni giro con un tono minore fino ad esaurirsi quasi e poi a spegnersi con un lontano suono di timpani.
Sempre più lento, sempre più lontano mentre l’immagine così nitida della ragazza diventa sfocata nella mente della vecchierella.
Rimane la foto di suo marito, che lei conserva sul comodino e nel suo cuore. Un uomo alto ed elegante, mentre faceva il contadino, che parlava bello e dall’incedere galante.. .
M’n’ha fatt nnammurà la camminatur e lu parlà
M’n’ha fatt nnammurà la camminatur e lu parlà
Si bell’ tu non c’iri n’ammurà nun me facive
Qualcuno ha lasciato la doppia porta aperta e il vento ha portato verso la vecchierella suggestioni antiche e memorie che arrivano direttamente dagli alberi che vivono a testa in giù e nel periodo autunnale, tutti sanno, sono custodi di segreti e pensieri remoti e cose dell’anima.
Quindi riemerge dalla sua preghiera segreta; la chiesa si anima. Entra il celebrante.
Ad un cenno si alza in comunione con le altre e –frettolosa- si segna col Segno della Croce.
COl. Douglas Mortimer
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