giovedì 15 marzo 2007

FOTO DI BORGHESIA DI PROVINCIA


Foto di borghesia di provincia


Il pomeriggio di mezzo agosto ero alla nostra solita processione del paese. Ci vado per una curiosità sempre più stanca, tanto turisti se ne vedono molti di meno e la ricerca delle radici e delle tradizioni popolari mi comincia ad interessare poco.
Quella volta mi andò bene. Nel nero assoluto delle donne che seguivano il Santo, sotto un cielo stranamente plumbeo e pieno di tristi presagi, c’era una ragazza che subito mi parve una turista straniera. Era molto bella, alta, bionda, dritta, magra e coloratissima. Aveva lunghi capelli sciolti che le cadevano ondeggiando sulle spalle.
Aveva dei pantaloni bianchi che le lasciavano scoperte le caviglie, una mogliettina gialla dall’ombellico in poi, insomma era davvero di una bontà notevole.
Era attentissima e sorridente. Sorrideva sempre e guardava tutto. Non si perdeva niente e mi pareva si divertisse molto.
Abbandonai la processione e mi misi a seguirla con lo sguardo. Aspettavo di vedere il suo ragazzo che faceva le foto e speravo di no.
Poi la persi di vista e me ne tornai a casa con quella sensazione nota di quando hai visto una bella femmina.
Ti rimane un languore allegro per qualche ora, fino a quando l’immagine sbiadisce e per un po’ credi di poter fare ogni cosa.


La rividi ancora alla festa di Santa Lucia. E’ l’ultimo giorno di allegria, introduce le festività natalizie e ci prepara ad affrontare tre mesi di sofferenza, di solitudine e di gelo.
Si accende un falò enorme e si rimane tutta la notte a ballare, a bere e a mangiare panini con salsiccia e patatine fritte.
E’ la sera e il luogo dove, dopo un anno, ci si incontra avanti al fuoco e si ricompongono vecchi rancori…
Ero lì con i miei amici del paese, già mezzo ubriaco di vino e di sigarette e circondato di gente più o meno nelle stesse condizioni.
Arrivò da sola, sorridente ed attenta. Sola, come alla processione. Prese il panino ed il suo bicchiere di vino bianco e sedette alla panchina.
Noi a queste feste ci rompiamo un po’ perché ci conosciamo tutti e le nostre donne, anche se bellissime non sono una novità.
Quindi quella fu l’occasione. Senza farla notare agli altri decisi. Invitarla a bere, a ballare, a fumare una sigaretta “speziata” ed a scopare (hai visto mai!).
Con questi sani propositi, mi misi ad osservarla per capire se fosse sola e quando e come iniziare il corteggiamento.

Lei non era venuta alla festa, era venuta per vedere la festa!
Rimasi incantato. Non partecipava, ma seguiva tutto dalla sua panchina. Si era scelta il posto centrale e si godeva lo spettacolo. Il ballo, Michele e Isabella che cantavano, la gente che beveva e che parlava, chi arrivava e chi andava via. Il castagnaro che attizzava il fuoco.
Quando Michele coinvolgeva il pubblico lei alzava le mani, o le batteva, con le gambe manteneva il ritmo; ma non parlava mai con nessuno e non si è mai alzata di lì.
E nessuno le parlava. Sembrava felice.
Non era il tipo di ragazza che si mette in vetrina e si fa ammirare ma non dà confidenza. Lei era contenta a vedere la festa. Lei la vita la osservava, non la viveva.
Era una turista della vita.
Non avrà avuto più di vent’anni, e questa cosa proprio non la riuscivo a capire.
Poteva avere tutti i ragazzi intorno, poteva girare e ballare sempre con maschietti differenti, mettersi con qualcuno, stare nel mezzo del cerchio.
Non mi sembrava né timida né spocchiosa. Aveva scelto di mettersi lì e godersi la festa a modo suo.
Alla fine della serata accadde qualcosa di stranissimo. Andandosene si trovò nella cerchia dei suoi coetanei.
Come avevo immaginato, tutti la chiamavano per nome, la invitavamo e la coinvolgevano. E lei ci stava. Era come se fosse stata in mezzo a loro fino a quel momento. Li ringraziava, prometteva incontri e appuntamenti, scambiava numeri di telefono. Rideva e si divertiva molto.

Me ne tornai a casa con l’idea di raccontare una favola dove la bona biondina potesse essere la fatina, vestita di azzurro etc etc. Cose note.

Da quella volta la incontrai spesso per il paese, mai nella città turistica, solo nel paese e nei villaggi intorno. Sempre sola, sorridente ed attenta a tutto quello che capitava.
Si guardava intorno compiaciuta e benevola, curiosa. Stupita. Come facciamo noi quando per la prima volta vediamo New York.

Una sera di inverno, nel solito percorso dal garage a casa passai avanti al centro parrocchiale in festa. Sapevo che c’era la recita e la cosa mi era scivolata addosso nel gelo di quei giorni. Volevo solo un po’ di calore, quindi correvo verso casa.
Ma lì dentro facevano casino, poi c’erano le luci e sicuramente un bel calduccio.
Entrai e mi scelsi una sedia. Era proprio dietro alla ragazzina bionda. Mi spostai di due posti e mi osservai lo spettacolo di lei che si osservava lo spettacolo.
La recita era davvero cretina, il solito: bambini travestiti che si divertono un mondo a specchiarsi l’uno nell’altro e che sono poi loro il vero spettacolo, mamme emozionate, papà sfottuti, gente che capita lì non tanto per la rappresentazione quanto per il rinfresco.
In quel periodo era di moda Francesco. La scena era un musical sulla vita del Santo.
L’unica che si divertiva era lei. Come al solito sola, e come al solito attentissima e divertita. Guardava avanti e spostava la testa e il busto per non perdersi nessuna scena.
Era felicissima per un lavoro piuttosto mediocre; rideva e batteva forte le mani. Non riusciva neanche a stare col suo bel sedere fermo sulla sedia e, da dietro sentivo che respirava forte.

Quando le cose non le capisco mi arrabbio e me ne vado.
Quindi aspettai la fine dell’atto per non fare capire a quelle mamme, molte le conoscevo, che la serata era insostenibile. All’intervallo me ne andai.
Mi voltai per l’ultima volta per dare l’addio alla strana fanciulla bionda.

La scena era questa: Bianco assoluto sul palco, niente di niente solo le luci dei proiettori.
Persone che parlavano e mamme ansiose. Bambini strafelici che correvano. Ma il palco vuoto e bianco.
Mi volto verso di lei e la vedo guardare vanti spostando leggermente il busto a destra e a sinistra per scansare qualche testa che si muove. Si agita, guarda avanti e sorride. Sorride? Si, sorride, sorride….


Vorrei dirti le parole più vere
Ma non oso
Per paura che tu rida


Col. Douglas Mortimer





Trenella!!!
Affaciate alla fenestella!
-.-

E uè uè
Cu sta resella, cu sta resella
Cu st’uocchi e cu sti vruoccoli,
stì vruoccoli,
stì vruoccoli,
lu core comme spruoccole
me stai a strazzià
me stai a strazzià.
E lu core comme spruoccole, me stai a strazzià,
a strazzià
a strazzià.
-.-

Carugnona!
Io t’aggio chiamato e tu nun t’affacce!
E fai arrabbià a Pullecenella…..


(la serenata di Pulcinella. Cimarosa)

Col.Douglas Mortimer

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