
Nella mente.
L’uomo aveva da un po’ passato la cinquantina e, adesso che i figli se ne erano andati, viveva solo con la moglie che adorava. Era un tipo giovanile che giocava al calcetto il lunedì e lei una di quelle aggiornate che vanno al cinema sempre, con le amiche e quando si paga di meno.
Abitavano a Fuorigrotta, città di Napoli.
Lei era l’unico affetto certo che aveva, il suo scoglio, il porto sicuro e rifugio nelle malattie, la gioia, il costante e infinito ricontrarsi ogni mattina dopo aver dormito nel loro modo strano, abbracciati da dietro.
Era anche la persona con cui faceva l’amore quasi sempre (tranne qualche segretaria) e avevano passato insieme tutte le tempeste della vita.
Quello era il pomeriggio del suo cinema e avvenne qualcosa.
O una mail di lei per sbaglio capitò nel suo computer o, più facilmente, sentendosi solo lui entrò nell’ indirizzo di posta elettronica della moglie e si mise a scrutare nella speranza di trovare qualcosa di nuovo e di eccitante.
“Caro amico che mi accompagni da anni” (?!?) “ieri ancora l’ho rivisto. E’ come dici tu, è brutto, grasso, antipatico e poi è volgare un cafone schifoso con quella pancia ributtante e l’alito che puzza di vino. E poi bestemmia ed impreca una continuazione e tu hai perfettamente ragione, non è proprio adatto a me. Mi fa schifo e non posso fare a meno di lui. E’ così rivoltante, così sporco e così violento.
Ieri, dunque eravamo al capolinea del tram e, come al solito mi riaccompagnava fin dove gli era consentito. Ci stavamo separando quando, improvvisamente mi sono trovata schiacciata contro il muro di lui. Una mano mi premeva sulla schiena e l’altra spingeva la mia faccia, la mia bocca contro la sua. Mi forzò con le sue labbra finche io aprii le mie poi con una lingua di ferro mi spalancò i denti, nonostante io facessi di tutto per serrarli.
poi entrò con la sua lingua nella mia bocca e mi sentii presa dl panico.
Non volevo, ma non riuscivo a dire di no
Dopo un po’, caro amico, mi trovai -non chiedermi perché-, a premere anch’io la mano dietro al sua testa e a spingermi sempre più dentro in quella esplorazione che mi provocava il vomito ma di cui non potevo fare a meno.
Automaticamente la mano cominciò a scendere cercan
A volte in campagna si innalzano grandi covoni pronti per esser bruciati, ma poi piove e, il contadino per accenderli usa la benzina.
Nel momento che lanci il fiammifero ti senti invaso in meno di un attimo da un vento caldissimo che ti arriva alla radice dei capelli e devi scappare subito, altrimenti bruci. E’un istante e solo quelli bravi riescono a farlo.
L’onda di fuoco è improvvisa e violentissima e se rimani fermo ti consuma prima delle fascine.
Così si sentì l’uomo. A stento risucì a mettere tutto a posto e poi fu preso da una grande smania.
Non pensare, non pensare. Cammina.
Dalla sua mente dovevano andare via tutti i pensieri che riguardavano sua moglie quella lettura e questa faccenda. Non poteva tenerli dentro perché erano come il covone acceso con la benzina.
Allora c’era una cosa sola da fare: camminare.
E occupare la mente di imperativi categorici e assoluti.
Tutta la sua mente era presa da un monologo velocissimo e gli comandava cosa fare.
Scendere, uscire, camminare. Non fermarti, non fermarti, qualsiasi cosa accada tu non fermarti. Non fermarti mai!
E cammina veloce con le mani fuori dalle tasche, aiutandoti nel movimento.
E non piangere e non gemere, e non gridare. Cammina, Tutte le tue energie devono essere consumate solo in questa azione.
Non cedere il passo alla signora che incroci, prosegui dritto e cerca di non deviare mai. Non deviare mai. Non devi deviare.
Devi camminare senza una meta, senza uno scopo. Non scegliere un posto dove andare, ripeto non devi scegliere un posto, ma semplicemente prendi le strade in pianura e in discesa.
Non prendere le salite. Non le devi prendere. Ti rallenterebbero il passo e ti costringerebbero a pensare e, invece tu non devi pensare.
Continua a camminare attraversa le strade senza curarti dei semafori. Le auto avranno paura –loro di te-, e ti scanseranno. Adesso è più pericoloso fermarsi che attraversare di getto. Tu attraversa di getto!
Non curarti del tuo aspetto, non curarti del tuo sudore, non asciugarti il sudore. Il tuo sudore non lo devi asciugare. Mai.
Le tue mani devono solo aiutarti a camminare.
Cammina verso il Viale Augusto, poi traversa la piazza, poi vai per il viale del parco dei giochi e poi per il lungomare. Non curarti delle persone, non guardare mai in faccia le persone che incontri. Questo è fondamentale, non guardare nessuno in faccia. Mai.
Guarda avanti a te e continua a camminare fino a quando non ce la farai più.
Se ti senti stanco allora fermati e pensa a una cosa che hai letto.
Se sei ancora nella fase dell’esplosione questa cosa ti farà camminare di nuovo.
Asseconda il tuo istinto. Il tuo istinto, il tuo istinto ti dice di camminare e tu vai avanti.
La voce dentro era monocorde ed imperiosa, una voce da basso come non l’aveva mai sentita. Nuova.
Arrivò verso Pozzuoli e si rese conto che i pensieri potevano arrivare alla sua mente facendogli male ma senza provocargli ustioni.
Così aspettò il tram e si rimise in viaggio verso casa.
Capita che il contadino col forcone attizzi il fuoco e, da ceneri ancora calde si rialzi una violenta e, di nuovo improvvisa, fiamma.
Come una molla si alzò dal suo posto e corse vero la porta. Iniziò a prenderla a calci e a pugni. Il conducente impaurito lo aprì e lui cominciò a camminare di nuovo, stavolta verso casa.
Sua moglie era tornata –c’era la macchina nel posto assegnato-. Come si sarebbe presentato e che le avrebbe detto. Le avrebbe detto qualcosa?
Nell’ascensore si guardò a lungo allo specchio. Poi entrò in casa. Lei era in cucina. Lui scivolò nel bagno e si fece una doccia bollente.
Sono delle saune domestiche. Metti il termostato al massimo e rimani fermo ad ustionarti. Poi esci ti metti l’accappatoio e ti butti sul letto, quasi svenuto e senza forze.
Ma rilassano.
Poco dopo era a tavola. Lei cucinava le uova e ci metteva, come al solito la sottiletta come piace a lui. Prese la bottiglia e versò il vino. Prima a lei. Poi tagliò il pane. Lei gli passò vicino e gli porse il piatto con un carezza.
Lui prese la forchetta. Poi, come d’abitudine, attese che lei finisse, che si sedesse, che prendesse il primo boccone e cominciarono, parlando delle solite cose: del film, dei figli.
NO! CAZZO NO!
Come una furia si alzò dal tavolo uscì sul terrazzino. C’era una cassetta con dodici bottiglie di vino rosso. Lui urlando le ruppe tutte a terra, inondando il balcone di liquido rosso dall’odore acre come il sangue. Il vino cadeva sui gerani di quello di sotto poi sulle teste dei passanti e sui tetti delle macchine.
Sua moglie lo guardava smarrita, con la forchetta a metà altezza e la bocca ancora aperta. NO!! NO, NO!!
Dai balconi, i dirimpettai sentito quel fragore di vetri e quel monosillabo urlato, si affacciarono, uno o due alla volta a vedere quello spettacolo e a chiedersi il perché
Un uomo cortese potesse impazzire all’improvviso.
Col. Douglas Mortimer
1 commento:
e appicc' a' luc'!!!!!!!!!!!!!
Il colonnello dopo secoli e secoli di astinenza è tornato attivo!!! bene! stavamo in pensiero... pero' mi apsettavo che lui la scannasse, la impiccasse o almeno l'arrostisse!
Hasta la pasta
L'anomalo bigcefalo
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