giovedì 16 agosto 2007

PAROLADY, UNA DONNA DI PAROLA


Più che una donna dalle mille facce è una donna dalle mille bocche. Questa deformazione è secondo me l’unica spiegazione scientificamente plausibile che possa spiegare l’enorme quantità di parole al minuto che lei riesce ad effondere. In paese è conosciuta come parolady. Sia per il suo hobby preferito, quello di aumentare la temperatura terrestre a furia di emettere frasi a ripetizione, sia perché ama attirare l’attenzione maschile con i suoi abiti attillati e provocanti. E così una volta richiamata la preda, la stordisce a forza di discorsi interminabili, come un eterno comizio apolitico.


E’ una macchina sforna - parole perfetta. Riesce a parlare senza interruzione per giorni e giorni. Anche durante il sonno continua a parlare, con somma gioia dei mariti-martiri che si sono susseguiti nel suo letto. Vanta all’attivo ben 12 matrimoni, perché in fondo è una donna di chiesa e non si è mai concessa ad un uomo se non dopo un matrimonio celebrato a dovere. Dei suoi 12 mariti, 8 sono fuggiti senza lasciare traccia, 1 si è fatto prete asserendo di aver ricevuto un’improvvisa vocazione e gli altri 3 sono morti in circostanze più o meno misteriose. La gente, con un pizzico di cattiveria, insinua che i poveruomini si sono tolti la vita estenuati dal suo furore verbale. E, di fatto, il dubbio sorge spontaneo, come direbbe Lubrano.


Ippolito, il primo marito, è stato trovato la mattina del 25 dicembre, all’indomani di una veglia che doveva essere stata particolarmente lunga e stressante per lui, con un pancione enorme, disteso in cucina. Aveva ingurgitato 10 panettoni e bevuto tutte le bottiglie di spumante omaggio. Teodoro, esperto ciclista, è stato trovato in un dirupo con la sua bicicletta. "Tragico incidente di un ciclista imprudente", decretarono le autorità. "Gesto disperato di un marito estenuato", decretò il popolo. Nicodemo, navigato marinaio, cadde inspiegabilmente a mare in una giornata di bonaccia tutto aggrovigliato a degli enormi pesi da sub. Ma la nostra eroina non si perdeva d’animo. E dismesso uno strettissimo lutto (strettissimo ed elasticizzato) riprendeva la sua caccia, a base di sguardi ammalianti e frasi ipnotizzanti.

I suoi discorsi quasi mai sono caratterizzati da un filo logico, ma l’importante per lei è emettere parole. E’ come se si dovesse svuotare di un fardello. E per riuscirci ti deve fare una testa così di chiacchiere. “Na capa tanta”, per dirla con le parole dei suoi concittadini. I suoi discorsi si aggrovigliano in maniera inestricabile. L’inesperto malcapitato che si approccia a lei per la prima volta cerca di tener testa alle sue mitragliate orali. Ma ben presto deve arrendersi. Lei, non solo non da spazio alcuno di controbattuta (al limite puoi annuire con qualche cenno meccanico del capo) ma per di più accavalla i suoi racconti in maniera casuale, come nel gioco dell’associazione d’idee.


Mentre sta raccontando del padre morto cadendo da una scala, questo termine le fa ricordare di aver incontrato per le scale una sua vecchia amica che portava un cappello rosso … rosso come il fuoco … fuoco … incendio … “hai visto quanti incendi stanno scoppiando in questi giorni?” e, senza aspettare risposta, giacché ogni sua domanda è retorica, continua “ho conosciuto un pompiere che ha salvato un cane; ah sai il mio cane è stato avvelenato; sicuramente è stata la pescivendola, qualche volta va a finire a pesci in faccia con lei; a proposito quasi quasi faccio un pesce spada alla griglia per pranzo che non ho mai nessuna idea meno male che mi è venuta; che ti stavo dicendo? Ah sì … domani penso di andarmene un po’ da mia sorella è tanto sola su quella collinaccia sperduta; le vado a fare un po’ di compagnia e …


Tu intanto ti sei già perso sulla scala. Le sue parole ti hanno intontito al punto che le scale sono diventate scale mobili a chiocciola e inizi a sentirti girare la testa sempre più forte, sempre più veloce tanto che sei costretto a invitarla a sederti al tavolino di un bar. Lei senza risponderti, ma continuando la sua tortura di parole si siede. E’ la tua condanna! L’hai invitata tu e non solo devi pagare il conto ma sei costretto anche a far finta di andarle dietro con interesse. Quando lei si accorge che non la segui più si ferma per un attimo e tu in uno scatto di gioia involontariamente alzi lo sguardo verso di lei. Tac! Riattacca la macchinetta.

Mi hanno raccontato che parolady, di cui ormai in paese s’ignora il nome di battesimo, non è stata sempre così. Figurarsi che da piccola il suo gioco preferito era quello del silenzio e vinceva sempre lei. Era così taciturna che la maestra l’aveva soprannominata la muta. La maestra era una donna cattivissima, del tutto inadatta a ricoprire il ruolo di educatrice di bambini. Era una zitella acida, insoddisfatta del lavoro e della vita. Trattava i bambini malissimo, salvo che fossero figli del sindaco, vice-sindaco o del commissario di polizia. Addirittura, nell’ora di educazione artistica passava tra i banchi e stroncava le fantasie dei bimbi accusando i loro disegni di essere indegni scarabocchi sconclusionati.


Parolady faceva dei bellissimi castelli colorati con dame a quattro zampe e principi al galoppo di serpenti enormi. La maestra furibonda la sbeffeggiava impietosamente: “La muta ha anche il cervello che non funziona, ci manca solo il ciuccio che vola in questo disegno!” E tutti i bimbi a ridere a crepapelle. E’ lì che nacque la vendetta, secondo alcuni. L’offesa bambina meditava di fargliela pagare, alla maestra e a tutti gli abitanti di quel postaccio senza fantasia. E da allora rispondeva alle interrogazioni dell’insegnante con soluzioni scombinate ma proferite con tal eloquenza e con tono di voce così risoluto che fu sempre premiata col massimo dei voti. “Giulio Cesare chi era? Era quello che ha inventato il cibo in scatoletta per gatti, animali che amava tanto. Ma la moglie Caina, sorella minore di Caia, era gelosa dei gatti al punto che li avvelenò tutti. Allora il buon Giulio dovette andare a conquistare altri territori per trovare nuovi amici gatti ed è così che divenne imperatore. Che poi in latino significa colui che possiede tanti gatti. Poi un bel giorno Nerone, il suo gatto più bello, tutto nero, si trasformò in un uomo e …”


“Va bene, va bene. Basta così”. Rispondeva la maestra frastornata. E così andò proseguendo negli anni il suo delirio discorsivo. La sua ossessione per il monologo con pubblico non pagante, ma che pagherebbe volentieri per farla tacere. All’esame di licenza media diede il meglio di sé sfoggiando conoscenze interdisciplinari, che collegavano la scoperta dell’America al diluvio universale, l’impollinazione alla palpitazione, le equazioni all’equitazione. Il tutto condito con declinazioni nella cultura contadina di cui era fiera portatrice. E allora Cristoforo Colombo diventava un allevatore di piccioni viaggiatori che mandò una nidiata in giro per il mondo a spedire messaggi deliranti sulle rotondità della terra, finché Noé non fu incaricato da Monsignor
Ferdinando di allagare il mondo per dimostrare la sua piattezza e…

A parolady non fu possibile frequentare le superiori. Infatti, tutti i presidi del comprensorio si allearono, sotto la spinta del sindacato dei professori, per respingere la domanda dell’anomala studentessa. L’allora signorina si dedicò quindi alla ricerca di un marito che la sistemasse. Si piazzava ogni giorno al bar “La zavorra”. Ordinava un cappuccino, si sedeva a un tavolino, possibilmente il più centrale per tener sotto controllo la piazza, e scrutava il passeggio per ore e ore. Fu lì che conobbe Ippolito, giovane elettricista che stava montando le illuminazioni per la festa del patrono. Il giovane fu incantato dalle gambe sinuose di parolady, che accavallandosi e scavallandosi distoglievano l’attenzione del giovane dalle interminabili disquisizioni della ragazza. Purtroppo, di lì a poco il ragazzo avrebbe fatto la fine che vi ho detto.

All’inizio che conoscevo parolady mi capitò, imprudentemente, di offrirle qualche passaggio in vespa. Lei mi si avviluppava addosso per meglio raggiungere l’orecchio destro in cui sparare violentemente i suoi sproloqui. Come pietre lanciate da una fionda. Le prime volte abbozzavo anche un minimo di partecipazione. Ma lei stroncava ogni iniziativa alzando il tono della voce, che già copriva abbondantemente il rombo del motore e lo schiamazzo urbano. Mi bombardava, mi rincoglioniva. A tal punto che la vespa iniziava a sbandare. Io iniziavo a correre all’impazzata per poterla sloggiare prima possibile. E nella disperata corsa lei si aggrappava sempre più forte e mi strillava sempre più vigorosamente nell’orecchio, ormai anestetizzato, le sue frasi senza senso. La sua voce stridula mi dava ai nervi, più di un vigile urbano, più delle strisce blu, più del traffico e dello strombazzare delle auto.

“Ieri mi è capitata una cosa pazzesca. Ero dal parrucchiere … Ah, lo sai che lui si è rimesso con l’ex moglie. Ma io non mi capacito, quella l’ha cornificato con mezzo paese e lui ci si rimette insieme?! Ah, cosa avrà quella sciacquetta? Bah! Ti dicevo … ero dal parrucchiere, c’era anche la signora Filomena … che è di nuovo incinta. Con i tempi che corrono fare 7 figli è una pazzia. A proposito di pazzi sai che mio fratello è completamente impazzito: vuole vendere la casa a degli sconosciuti per 4 soldi. Ed io dove me ne vado a vivere? Con i prezzi che ci sono oggi in giro! Sarà colpa dell’euro? Fatto sta che non si può comprare più niente da quando hanno fatto st’euro. Solo i commercianti si sono arricchiti. Il mio salumiere s’è fatto una villa che non finisce più. Che poi la moglie, che è insegnante, guadagna una miseria. E che dovrei dire io? Con quel poco di pensione del mio caro estinto… Che poi le vogliono pure diminuire. Io la prossima volta non ci vado proprio a votare. Tanto, sono tutti una manica di mariuoli. Ah, guarda là c’è il sindaco… parli del diavolo e spuntano le corna. Che pure lui di corna c’è ne ha! Quello si doveva sposare con me poi ha trovato quella cosa di niente della figlia dell’armatore Russo. Che non è lo stesso che fa la pasta. No, te lo dico perché a volte uno si confonde. Quelli sono cugini, ma di secondo grado. Quelli della pasta si trasferirono a Gragnano dopo la guerra. Uh! Mò che mi ricordo che bel panuozzo mi sono mangiata l’ultima volta che ci sono stata. Però che traffico per arrivare. Non ti dico! Che poi fanno le domeniche a piedi. A che servono vorrei dire io? Qua nessuno va più a piedi. Solo io. Solo io. E tutti c’hanno due, tre macchine. Come la Cina. Quella si sta sviluppando e deve inquinare a noi. Non solo ci vengono a rubare il lavoro. Che mo’ tutte le maglie sono fatte dai cinesi. Io non c’ho niente contro questi qua ma mi fanno schifo e poi sono tutti uguali sembrano fatti con lo stampino. Se non che, ti dicevo ...


Olè, siamo arrivati! 5 kilometri ma mi sono sembrati 500! Anche la mia cara vespa è provata! Parolady mi ha raccontato tutta la sua vita e quella di tutto il paese. Ma come fa? E il bello è che pure una volta smontata dalla vespa continuava a parlare. Uno per educazione la lascia fare. Errore! Bisogna stroncarla. Lo imparai. E me ne schizzavo via senza manco salutarla. In lontananza la sentivo ancora dare fiato alle sue corde vocali.

Ma parolady ha raggiunto il suo obiettivo. Si voleva vendicare e ci è riuscita. Oggi in paese sono tutti pazzi. C’è Filodoro che gioca a monopoli con le sue 3 auto. Le sposta e le risposta. Le parcheggia nelle maniere più bizzarre e fantasiose possibili. Unico obiettivo: conquistare tutto il vico per poi lanciare la grande sfida alla Piazza. Geremia, lo schiattamuorti, a ogni funerale si veste da Zorro e spara fuochi d’artificio. Ma questo è il meno. Ogni volta che incontra un amico, sadicamente, gli chiede “Come stai? Ti senti bene? Memento Homo! Memento! Quia pulvis es et in pulverem reverteris!” E se ne va via sghignazzando. Rosamunda si è invaghita delle suore dell’Annunziata e le fa una corte spudorata. Regali, rose e serenate sdolcinate. E tra l’altro si dice che sia ricambiata dalle sorelle che, dal canto loro, se ne vanno in giro vestite come conigliette di Playboy con sai rosa e scollacciati. Agatina va camminando con le mani al cielo dicendo di aver visto la luce. Il marito, poveraccio, non può accendere una lampadina in casa ché la moglie sobbalza e urla “Ecco, di nuovo. Sia ringraziata Nostra Signora Vergine Enel!”. Eusebio, il capotreno, si diverte in dirottamenti e scherzi vari. I turisti sono le sue vittime preferite. Devono andare a Pompei? E lui li dirotta su Terzigno. Ognuno è stato colpito dalla maledizione. Parolady si voleva vendicare e l’ha fatto. Non c’è che dire, è stata una donna di parola!


Br1


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