martedì 15 aprile 2008

LISBON STORY recensione


Lisbon Story

Titolo originale: Lisbon Story Regia: Wim Wenders
Anno: 1995 Nazione: Portogallo/Germania Produzione: Mikado
Durata: 105'

Ricardo Colares Joel Ferreira Madredeus Rudiger Vogler Teresa Salgueiro (Madredeus)
Manoel de Oliveira Patrick Bauchau Sofia Benard de Costa



E’ la storia di Philip Winter, tecnico del suono tedesco che parte per Lisbona con la sua vecchia Citroen carica di “strumenti sonori” tra i più stravaganti.
Attraversa tre dogane e altrettanti Paesi fino a giungere –con l’auto ormai fusa- all’appartamento del suo amico Frederich, regista che sta tentando uno strambo documentario muto e in bianconero e che lo ha chiamato per realizzarne i suoni.
Non lo trova ma, in casa sua, incontra un gruppo di ragazzini, anche loro con la passione del cinema, che lo seguono con le loro handycam e riprendono i suoi primi passi in una Lisbona a lui sconosciuta ma che lo affascina e lo rapisce.

Philip, brutto, buffo, caricaturale, ma dotato di una forte autoironia e una bella voce, esce con le sue attrezzature strampalate per “catturare” i suoni della città e, seguendolo, noi iniziamo un viaggio in verticale, sempre più profondo nel rumore forte, discontinuo e scollegato e nel colore acceso e passionale di una delle più affascinanti città d’Europa.
Incontrerà il quintetto Madredeus e la loro sensuale cantante Teresa, di cui si innamorerà e, attraverso di lui, noi verremo a conoscenza di una delle più belle voci femminili portoghesi, che dà a questo film una connotazione precisa nel ricordo di chi lo ha visto.
Troverà, infine l’amico e, insieme proveranno a realizzare il progetto di Frederick.
Un documentario sulle immagini mai viste.
Ma come fai a creare un film di immagini “vergini”, cioè mai osservate da occhio umano, quando nel momento stesso che le riprendi quelle immagini le stai vedendo?
Come molti altri, anche questo film si risolve nella divertente scena finale dove si vedono due tipi di mezza età e sicuramente un po’ matti, uno con un microfono enorme ad asta che sembra un cartone animato, l’altro con una cinepresa a manovella, affacciati al finestrino di un tram che riprendono immagini e suoni che neanche loro hanno visto o sentito.

Un film leggero, un viaggio da turista anomalo in una singolare città europea, molto simile a Napoli, un piccolo dono al cinema nella ricorrenza del suo centenario (con omaggi a Fernando Pessoa e a Manoel de Oliveira, classe 1908, che si permette un'entrata charlottiana), una riflessione sui rapporti tra immagine e suono, pellicola e video, verità e menzogna, sull'opposizione tra cinema americano (delle storie) e cinema europeo (dello sguardo).

L’effetto comico è affidato ad alcune sequenze, quasi sempre senza parole (la bucatura della ruota, la scena del moscone…) ed alla maschera quasi immutabile del volto del protagonista.

In Italia è stata molto apprezzata la colonna sonora –che ha avuto una sua evoluzione a parte con un boom di vendite di cassette e cd - e che nel film è un po’ troppo caricata.

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