
LAFAVOLAMAGICASETTE
In un villaggio di un luogo imprecisato dell’Europa orientale e in un altrettanto imprecisato tempo, ma molti secoli sono ormai passati, il rabbino, essendosi fatto vecchio pensava alla sua sostituzione.
Fu così che si isolò nel bosco per sette giorni e altrettante notti aspettando che l’ispirazione venisse a visitarlo. Alla fine del periodo di meditazione tornò allo Shtelt tutto felice, correndo e agitando le braccia.
“Ho trovato la soluzione! Riunite tutta la comunità che ho qualcosa da dirvi!”
Quando tutta la cittadinanza fu adunata nella unica piazza, avanti alla Sinagoga, il Rabbi così si espresse:
“Cari amici, mi sto facendo vecchio e sarei felice di morire sapendo chi prenderà il mio posto.
Per diventare il capo di questo popolo bisogna essere saggi e per essere saggi bisogna avere la conoscenza.
Per avere la conoscenza non deve mancare la memoria e siccome la memoria, più è lunga e più genera conoscenza quindi saggezza, decido che chi di voi mi mostrerà di avere la memoria più remota sarà designato a divenire Rabbi e quindi capo di questo villaggio”. ?!
“Chiunque si potrà presentare a sostenere la prova”.
I poveri ebrei si battevano i pugni in testa, si tiravano i ricci e la barba andando alla ricerca di un fatto remoto da raccontare al loro capo-villaggio per dimostrare di essere degni della successione.
Alla fine, nel giorno stabilito, si presentarono alle porte della Sinagoga sei tra i più anziani –quindi saggi- provenienti dai villaggi vicini e un ragazzo.
Il Rabbi li guardò a lungo e alla fine disse loro: - Tornate tra sette giorni e raccontatemi la cosa più remota che vi ricordate. Poi tornerete tra sette altri giorni e mi direte perché è la più vecchia-.
Si sciolse l’assemblea e ognuno corse a riferire al suo rabbino (ogni villaggio ne possiede uno) e a chiedere consiglio. L’unico che non potè farlo fu il ragazzo. Già l’altro suo concorrente si era rivolto al Rabbi del suo Shtelt e si sa: su una materia lui si può esprimere una volta sola.
Tornò alla sua casetta nel bosco e si affacciò triste alla finestra.
“Mio Dio, in che guaio mi sono cacciato! E adesso cosa gli dico tra una settimana? Gli altri sono tutti più vecchi e inoltre hanno l’aiuto dei saggi dei loro villaggi. Ma, se non dico qualcosa finisco che, non solo non divento il governatore ma addirittura finirò per essere lo scemo del villaggio…”.
Proprio in quell’istante passò Shloyme, il pazzo e lo salutò: “Perché piangi Yulke? Che ti succede?” “Lasciami perdere Shloyme, manchi solo tu..”
Passarono i giorni. Nelle case si vedevano uomini anziani seguiti da altri uomini anziani passeggiare intorno al tavolo da pranzo massaggiandosi le barbe, poi sedevano e consultavano grandi libri. Un uomo dietro a uno scanno parlava loro ininterrottamente. Sette giorni e sette notti, senza mai fermarsi.
L’ultima notte Yulke era alla finestra come al solito e , come al solito passò allegro Shloyme, salutandolo. Ma questa volta aggiunse. Fammi entrare; tu sai che non si può negare l’opsitalità e la carità a un mendicante. Fammi entrare dammi pane, formaggio e vino. Quindi sedette e mangiò e soprattutto bevve. Poi finalmente parlò con il ragazzo che per sette giorni e sette notti non aveva né mangiato né dormito e neanche questa volta fece eccezione.
“I vecchi saggi andranno domani dal Rabbi e gli diranno qualcosa, tu gli darai questo foglietto ma solo se mi prometti che quando ti recherai per la seconda volta gli passerai questi altri due. Tu promettimi questo e io ti prometto che sarai tu il successore”.
E’ scemo, pensò Shloyme. Ma accettò; almeno porto qualcosa.
Il giorno successivo nella piazza della Sinagoga c’era tanta gente.
Arrivarono tutti e si allinearono avanti alla poltrona del Rabbi.
Il primo disse: “Mi ricordo del giorno in cui la mela fu tagliata dal ramo”.
Grandi mormorii di approvazione; ecco un ricordo remoto!
Il secondo anziano: “Ecco un racconto che risale assai indietro nel passato. Io mi ricordo del giorno in cui ciò accadde, come pure della candela che ardeva”.
Ooohhh! Tutti furono d’accordo che quella era una storia ancora più vecchia.
Il terzo: “Io mi ricordo del giorno in cui il frutto si mise a crescere per la prima volta. Infatti, in quel momento il frutto cominciava a prendere forma”.
OOOooohh! Ecco una storia ancora più antica.
Ma il quarto meravigliò tutti coi suoi ricordi. “Io mi ricordo il giorno in cui i semi dovevano essere messi nel frutto e mi ricordo il saggio che concepì il seme, e mi ricordo il gusto che aveva il frutto prima ancora che il gusto entrasse nel frutto”.
Tutti gli ebrei salutarono il nuovo Rabbi, girando in tondo e saltando sui due piedi e battendo le mani. Stavano per arrivare i paesani con gli strumenti musicali per fare festa quando
Il quinto –furbo disse-: “Io mi ricordo l’odore che aveva il frutto prima ancora che l’odore entrasse nel frutto”.
Nacque una disputa su chi dei due avesse il ricordo più remoto e, mentre si prendevano a capelli e si tiravano le barbe e i riccioli intervenne l’ultimo anziano.
Il vecchio rabino era stato per tutto il tempo immobile sorridendo compiaciuto della grande saggezza del suo popolo.
Sesto anziano: “Io mi ricordo dell’apparenza del frutto ancor prima che esso fosse visibile e ero ancora bambino”.
Ecco il nuovo rabbino!! Finalmente possiamo fare festa e mentre si preparavano i banchetti nella piazza e si iniziavano a suonare flauti fisarmoniche e violini…
Il ragazzo si avvicinò al capo-villaggio e gli prose un foglietto, poi timidamente si pose nell’angolo più nascosto della piazza.
Legge il foglio, si alza, solleva le mani. Il popolo tace.
Ecco l’ultimo ricordo: “Io mi ricordo di tutte queste cose e mi ricordo ugualmente della cosa che è il Nulla”.
Rimasero tutti a bocca aperta. Immobili. Fulminati.
Il più giovane, un ragazzo. Neanche lo avevano notato….
“E adesso tornate ai vostri villaggi, pensate bene, consultatevi coi vostri saggi.
Avete sette giorni e sette notti. Allo scadere del tempo mi direte il significato dei vostri ricordi”.
Si allontanarono tutti battendosi in testa e lamentandosi hoihoihoihoi e corsero dalle loro guide. Li vedremo per sette giorni e sette notti girare intorno al tavolo della cucina massaggiandosi la barba e strappandosi i ricci inseguiti da oscure figure con grandi libri in mano.
Shloyme si pose alla finestra in attesa di Yulke. Ma non apparve. Per sette notti invece la sua finestra si trasformava in uno schermo e in questo apparivano le immagini delle case del villaggio, famiglie con i loro disagi, la miseria, la povertà, le speranze e la malattia, i timori, le nascite, le morti. I fidanzamenti, i corteggiamenti, i matrimoni. Gli amori infelici. Insomma Shloyme per sette giorni e sette notti ebbe la visione del suo villaggio e dei patimenti del suo popolo. Adesso sapeva che cosa avrebbe fatto se fosse diventato Rabbi.
Un’ora prima dell’incontro, lo scemo apparve. Era allegro e volle pane formaggio e vino. Per 49 minuti (7x7) mangiò, bevve e rise da solo. Poi dette al ragazzo due foglietti e gli ricordò la promessa.
“Va bene ma dimmi una cosa. Come mai sei così allegro tu che sei il più povero, il più idiota, non hai una donna, non hai un amico “
“Ma io rido perché sono pazzo e poi non sarà sempre così. Le cose cambiano”.
Piazza, festa, banchetti musica e, soprattutto
Risposte.
Spiegazioni. Ecco la prima.
Primo anziano.
“Io ricordo il giorno in cui la mela fu tagliata dall’albero, ricordo il momento della mia nascita. Quando fu tagliato il cordone ombelicale”.
E si mise da parte sperando che gli altri non avessero spiegazioni. In quel caso avrebbe vinto lui.
Secondo anziano:
“La candela che ardeva era il bambino nel ventre di sua madre, poiché sta scritto nella Gemarà che nel momento in cui il bambino si trova nel ventre della madre una candela brilla sulla sua testa e lui sa tutto”.
Terzo anziano:
“Io ricordo il momento in cui il frutto si è messo a crescere. Ricordo il momento in cui le braccia e le gambe si sono formate nel grembo di mia madre”.
Quarto anziano:
“Io ricordo il momento in cui il seme doveva essere seminato, ricordo il momento del mio stesso concepimento”.
Quinto anziano:
“La saggezza creatrice del seme rappresenta il momento in cui il mio concepimento era solo un’idea”.
Ma il sesto disse:
“Il gusto anteriore al frutto è il ricordo dell’Essere. L’odore è lo Spirito, la visione è l’Anima.
E tutti salutarono in lui l’uomo saggio che li avrebbe guidati. Ma nel mezzo dei festeggiamenti il ragazzo si avvicinò al Rabbì e gli pose due biglietti dandogli istruzioni.
Fu così che per la seconda volta il vecchio si alzò allungò le braccia e stabilì il silenzo.
Le parole che il popolo udì furono queste.
“Il ragazzo ricorda il Nulla. Ricorda ciò che fu prima dell’Essere, prima dello Spirito, prima dell’Anima. Ricorda la Vita che aleggia sulla soglia dell’Eternità”.
Nella Gemerà è scritto. Il bambino nel ventre della mamma sa tutto e una candela brilla sulla sua testa. Quando nasce passa un Angelo, lo sfiora con le sue ali e immediatamente il bambino dimentica tutto. Passerà il resto della sua vita a ricordare.
In verità il più giovane di noi è quello che ha la memoria più remota perché più vicino al momento del suo concepimento. L’essere che ha memoria più antica è il bambino in fasce. Fin tanto che la sua memoria primordiale non sarà del tutto cancellata lui non potrà parlare. Nei suoi occhi leggiamo l’Infinito”.
Poi aprì il secondo biglietto e lesse ad alta voce:
“Io, Shloyme, sarò rabbino,
i sei anziani formeranno il mio Consiglio e,
poiché il numero della saggezza è sette
Yulke, lo scemo del villaggio, sarà il Primo Ministro”.
Favoletta ispirata alla tradizione ebraica raccolta ne Ben Zimet I racconti dello Yiddishland
Col. Douglas Mortimer