martedì 3 aprile 2007

FIGLI DI UN DIO MINCHIONE


Figli di un dio minchione

".. Era un mondo adulto. Si sbagliava da professionisti."

Ogni sera, come in tutti i paesi, ci incontriamo al bar e non facciamo niente. Aspettiamo che qualcosa capiti, non necessariamente a noi, ma che accada qualcosa che ci stupisca o semplicemente che riesca a farci incuriosire. Può succedere a chiunque, per noi va bene, anche in un altro posto del mondo, E andiamo a letto contenti.

Una sera Orazio arriva, in piena “riunione barrica” , guadagna il centro e getta un mazzo di chiavi sul banco.
Ci sono quelle di casa, del garage, del cantiere dove lavora come carpentiere idraulico, del furgone e una nuova nuova, di quelle digitali e con il marchio di una prestigiosissima casa automobilistica.
Non si sa come c’è riuscito! Avrà rubato o rapinato una banca, si sarà venduto una terra dei nonni o gli sarà morto uno zio, forse avrà solamente trovato il sistema, quello giusto.
Fatto sta che Orazio s’era comprato la macchina supersport, quella che i ragazzi del bar sognavano in un sogno condiviso che, poi doveva essere la realtà di uno solo.
E quell’uno solo era Orazio.
A tutti noi piacciono le macchine, a me quelle grandi, eleganti e grigie o quelle alte da viaggio, a loro quelle bellissime da corsa con tante lucine, le finestrelle illuminate nel cruscotto e i neon blu nell’abitacolo e sotto la scocca.
Ruote ribassate, tanti adesivi F1, cromature. Rosse.
Comunque questa era davvero speciale e ad Orazio era capitato, per una sera, di attirare l’interesse di tutti noi. Non ci erano caduti i bicchieri di mano dallo stupore ma, con gli stessi bicchieri, eravamo usciti tutti per strada a vederla e a commentarla e quella sera, dopo aver fatto ognuno il giro del paese (1,5KM) eravamo andati a letto soddisfatti della giornata piena che avevamo vissuto.

Solo che Orazio aveva speso tutti i suoi soldi, e la settimana che si buscava in cantiere, il suo padrone la passava sana sana alla concessionaria per completare il pagamento.
Ne consegue che la GT rossa non si spostava mai dal paese. La sera arrivava, caricava il ragazzo o la ragazza di turno, faceva il giro, tornava a fermarsi proprio avanti al bar. Superba...
A questo, che era diventato un costume avevamo dato anche un nome: il kilomtroemezzo.
Orazio arrivava, diceva “Chi viene a fare un giro?” Tutti si prenotavano, poi qualcuno, poi solo uno poi, col passare dei giorni, quando lui arrivava ognuno si nascondeva come poteva dal kilometroemezzo e dalla narrazione dei prodigi della macchina lungo il percorso.
Alla fine (al finale direbbero qui), Orazio girava con ragazzini di sedici anni ai quali illustrava i misteri della sua GTTurbo; loro in compenso gli svelavano i segreti dei loro motorini 50 truccati.

A tutto ci si abitua e, in un piccolo centro tutto diventa patrimonio collettivo. Così come l’orologio del campanile –con il mosaico di maioliche del ‘500 e le lancette di bronzo- e come il ristorante di lusso o le panchine nuove, anche la bella macchina rossa era diventata un patrimonio condiviso, almeno dall’ esterno: il monumentorotabile. Anche a questa avevamo dato un nome.



E così andiamo avanti.
Ogni tanto mi viene da pensare che con quella macchina qualche amico e la ragazza giusta io ci andrei fino in Cina. Invece Orazio a volte scende nella città turistica per passeggiare lentamente e con tutti i neon blu accesi per il corso principale, a volte arriva fino ai centri balneari della costiera. Vestito a festa, con un kilo d’oro addosso, gli occhiali da sole e il sigaro spento in bocca –non fuma-, la camicia a fiori tipo “sognando-la-california” e l’amichetta biondina, vanno a confondersi coi ricchi veri e, magari sognano di potersi fermare, lasciare la bella parcheggiata a vista, andare a mangiare la zuppa di pesce in quel ristorante proibito e dopo nel migliore albergo a fare l’amore e a chiamare il servizio in camera alla mattina: il vassoio con la colazione a letto e l’uovo sodo sull’alzatina d’argento.

Ma una di queste ultime sere Orazio ci ha fatto cadere i bicchieri di mano.
Arriva, guadagna il centro e butta le chiavi sul banco: Comunicazione Grave!
“Domani parto, vado a vedere il sole che non tramonta . “.
Qualcuno –per sfotterlo- gli aveva raccontato di un’autostrada su al Nord dove puoi correre quanto vuoi che nessuno ti controlla e dove ti sfilano al fianco automobili immense guidate da ricchi industriali austriaci e tedeschi.
Poi gli avevano detto che, a un certo punto, l’autostrada finisce e finisce pure l’Europa.
In quel preciso punto, dove finisce l’Europa, il sole non tramonta mai.
Orazio ha deciso di andare a vedere il sole e controllare l’orologio digitale sul cruscotto che dice 23:45.
Appuntamento al mattino al bar per la partenza. Giorno di festa e tutti presenti.
Arriva con la sua tutta lucidata, passata di pasta, vetri specchiati, maniglie trattate con l’Argentìl e gomme passate di cromatina per scarpe.
Lui travestito da: metà Franco Califano, metà Vasco.
Amico-fotocopia, cd Acid e nel bagagliaio decine di calze di nylon per gli scambi sessuali….

Saluti, saluti. Scrivi, scrivo! Baci, baci. Partenza per Capo Nord.
Ma non doveva girare a destra per Capo Nord??
Mandaci una cartolinaaaaaa!


Ieri sera poi è arrivata davvero la cartolina.
Rimini.
Testo: “Uagliò non avite proprio idea!!! Cose a ascì pazz’! Femmene, alberghi, locali, discoteche mai viste, fina alla matina!!! E ffemmene belle ‘e tutte e razze!. E scivoli sull’acqua, e poi, musica, locali, gente strana e femmene bbellissime. E ddoppo a discoteca stanotte aggia ‘ a tirà cu certa gente ca scommette e tutte e femmene me uardarranne……Marò!!!

Sulla rotta verso Nord, Orazio ha scoperto l’America.



Col. Douglas Mortimer

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