
MORGAN
La partita è di quelle importanti. Si gioca il titolo e tutti sono tesi. Anche un’ala
come Morgan sente che potrebbe succedere qualcosa in questa sera, riuscire a segnare il suo goal, quello che ha sognato e che cambia la vita a un giocatore.
Si entra! Si passa il tunnel e si arriva in campo. E’ una cosa che è successa più volte a un giocatore, ma Morgan non riesce ad abituarsi. Sempre l’emozione lo domina e deve fare uno sforzo per cacciare via la tensione. Di solito comincia a correre, così scarica l‘ansia.
Morgan pensa allo stadio come ad un grande motore che ruggisce a folle. Una macchina immensa che sale e scende di giri a seconda degli umori e dell’andamento della squadra. A volte i giri arrivano ad essere insopportabili e lui pensa che gli accadrà, prima o poi, di vivere l’esperienza della rottura. Pensa che il motore salirà fino a scoppiare e lui sarà spettatore –una volta tanto- e testimone di questa esplosione collettiva.
Ma il rombo dello stadio, anche se arriva a livelli parossistici, poi si placa. E’ come se decine di migliaia di persone si concedessero ad un delirio di follia controllato. “Sanno a che punto portarsi e quando sono vicini allo scoppio tolgono il piede dal pedale”.
I capitani si scambiano i saluti, fischio, inizio. Questa volta Morgan gioca con il cuore in gola. Sarà l’emozione ma le pulsazioni sono accelerate, il battito forte e non si placa. Questo gli fa rendere di più perché corre come un pazzo e non sente il bisogno di prendere respiro.
La Squadra. I dodici pistoni e l’anello di gente il resto del motore. Sono loro –i ragazzi- che aumentano e diminuiscono i giri. Dodici cilindri, undici in campo e il dodicesimo: lo spirito di gruppo.
Morgan ha il compito di portare la palla al centro campo dell’area avversaria, ma gli altri sono forti ed aggressivi, e la partita si gioca quasi tutta nella loro zona. Lui continua a correre attento e ansioso. Il battito è fortissimo e corre anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Qualcuno gli ha detto che facendo così scarica la tensione. Stavolta è tanta. E’ la partita che ha aspettato da una vita. Lo sapeva che sarebbe stato per stasera e aveva quella data in testa da mesi. Questo gli ha fatto caricare questa serata di un significato particolare. Adesso è nella realtà.
Morgan si sveglia tardi stasera. E’ quasi inverno e fuori è già scuro. Nella sua camera c’è odore di chiuso e di fumo di sigarette. Ha dormito ma non è riposato. In bocca il sapore del ferro quando è arrugginito. Si solleva dal letto che la sorella ha preparato per lui in un angolo di salotto, prende dalla sedia le sue cose e guarda fuori: quasi già buio. La parte luminosa del giorno l’ha passata nel sonno. Inoltre grandi nuvoloni neri non dicono niente di buono.
Si lava e si veste come suo solito: pantaloni di pelle nera aderenti, maglione scuro con borchie e giubbottone di pelle scura. Anfibi. Va in cucina. Sua sorella litiga col marito. Ricorda che l’eco delle loro voci l’ha svegliato. Parlano di lui. Non li saluta neanche, si versa il caffè –freddo dalla macchinetta-. Aumenta il metallo in bocca. Sputa nel lavandino, esce.
Le parole di suo cognato rimangono appese dietro di lui.
Morgan scende le scale ed esce nel pomeriggio autunnale che diventa notte. Il portoncino del palazzo è di metallo dorato e già le prime gocce d’umidità rimangono sospese tra l’alluminio anodizzato e la notte che avanza.
Arriva al bar, dove senza appuntamento incontra i ragazzi della borgata e la Banda.
Siede coi compari al tavolino esterno, allunga i piedi sornione e boss sull’altra sedia di plastica bianca e ordina una birra, che aumenterà il senso del ferro che sente nella bocca.. scrocca una sigaretta.
La radio trasmette la partita….
La partita va avanti tesa, veloce e violenta. C’è solo furore e rabbia. E voglia di segnare ad ogni costo. Morgan, ala sinistra, vola col cuore a mille e il respiro corto. Il Panzer che gli hanno messo contro bestemmia e impreca il Mister. Gli avevano parlato di un avversario mite, ma questo gli sta facendo sudare sette camicie. Non sta fermo un attimo e quando tocca palla è un ossesso. Non riesce a marcarlo perché Morgan scappa avanti, poi indietro, trattiene palla e la passa agli altri solo dopo mille richiami. I compagni sono perplessi, dalla panchina pensano sia opportuna una sostituzione. Poi decidono di aspettare la fine del primo tempo.
Mai era stato così. La notte scende e l’anello di gente scompare, ma lui sente tutta la tensione invisibile, e quel motore che sale, sale, sale e stavolta non si placa. Ma perché non tolgono il piede dal pedale? Stavolta sono al punto di rottura, e Morgan si sente un ingranaggio comandato da diecimila autisti; tutti con il piede sull’accelleratore. Il pistone in petto va al ritmo della folla, le reazioni sono velocissime, perfette.
Entra la puttana, coloratissima e stretta nei suoi indumenti sexy ma consumati e ormai lucidi. Sempre, la sera si trattiene al bar prima di andare in strada. A volte tra quei bulli di periferia rimedia qualche cliente e almeno non deve stare ad aspettare al freddo e ad intossicarsi ai fumi dei copertoni.
Passa, Gordon le allunga una feroce pacca sul sedere che lei incassa con un salto. Tutto regolare…
OK! Va al bar, scherza col ragazzo, beve, fuma va al biliardo, guarda la partita, esce.
Gordon allunga la gamba e lei cade a faccia a terra. Stavolta la risata è fragorosa. La puttana si alza, dice tutto il rosario di parenti defunti a Gordon e va via umiliata.
La risata si spegne, quando dalla radio arriva la voce del cronista che parla di una azione da goal dell’ala sinistra..
Qualcuno va verso Gordon e gli fa scivolare un pacchetto in tasca.
L’ala sinistra si è impossessata della palla e, dribblato il suo avversario, avanza verso l’area di rigore. Il pubblico è in delirio, quasi tutto in piedi. L’ala sinistra avanza verso l’area e nessuno riesce a fermare la sua corsa. Salta, scansa, elimina. Qualcuno trattiene l’ala sinistra per la maglietta; cade, si rialza, prende la palla, la perde, la riprende. La panchina è in piedi, l’arbitro col fischio in bocca…
Mischia nell’area di rigore, Morgan continua come un treno e nessuno lo ferma. Il portiere va in ansia poi nel panico. Sempre più solo. Salta a destra e sinistra pronto. Guarda negli occhi Morgan che guarda a sinistra nell’angolo. Morgan tira e il portiere si butta a sinistra, la palla va a destra. Incrocio di pali. Goal.
GOAL GOAL GOAL GOAL !!!!!
La radio trasmette e i ragazzi esultano in un boato che supera il bar e che ha la sua eco dalle case vicine.
Morgan lascia il gruppo e va via. Passa per una rampa in discesa che conduce ad uno spiazzo largo dove fanno il mercato. Per strada il fango dell’ultima pioggia. Lo spiazzale largo è circondato da palazzi alti, grigi o di mattoni. A intervalli irregolari le finestre illuminate di bianco neon o di giallo delle lampadine da 60 watt. Morgan cammina solitario e cupo. Il branco lo nota, ma lui non vede loro. Saranno una decina, lo aspettavano.
Il branco si stacca dal muretto e va verso Morgan. Lo raggiunge. Ci sono parole, qualche spintone, è rissa.
Finalmente si è sciolto quel nodo che aveva in gola. Morgan corre come un forsennato in preda alla gioia più intensa. Corre e si toglie la maglietta, poi la canotta. I suoi compagni gli tengono dietro felici. E’ sciolto tutto, il nodo, il battito, l’onda di tensione dall’anello sopra il campo. Sono tutti felici e lui sa che è per lui, grazie a lui. Corre, poi le gambe gli vengono meno e si ferma. Il cuore batte forte ed a intervalli irregolari. Sente il respiro affannato e non riesce a stare i piedi. Si inginocchia, poi la testa gli cade tra le gambe. Infine cade lui su un fianco, quindi sulla schiena.
L’urlo di gioia si trasforma in silenzio. Sono tutti fermi. Dai bordi parte il medico. Morgan guarda in alto e vede il nero della notte senza stelle e nuvole nere. Pensa: “Deve piovere”.
Il silenzio è spaventoso. Nessun movimento Diecimila statue immobili e occhi, tutti puntati su quell’eroe seminudo e steso al centro del prato.
Morgan riesce ancora a udirlo il silenzio e pensa che dovrebbe pensare: “Ecco. Sono riuscito a sentirlo il momento di rottura”.
Invece guarda il nero del cielo e pensa:”deve piovere”.
Poi gli occhi diventano troppo pesanti e li chiude.
Morgan prende il “ferro” che porta sempre in tasca. Errore. Gli animi si accendono, uno degli aggressori si trova sporco di sangue.
L’arabo affonda il “ferro” nella sua pancia. E’ panico nel branco. Qualcuno riesce a mettergli una mano in tasca e a prendere il pacchetto. Fuggono nel buio lasciando Morgan solo, in piedi, fermo con uno strano dolore liquido dal centro del corpo.
Le gambe non riescono a reggergli e lui cade sulle ginocchia, poi la testa tra le gambe e infine su un fianco. Poi supino.
Nei palazzi, ad un piano, tre ragazze ridono alla luce della lampadina centrale da 60 watt e provano le scarpette nuove. Tra poco qualcuno le verrà a prendere e le porterà in discoteca nella città grande, poi a mangiare e poi tenterà di scoparle in macchina.
Il solito.
Una di loro si allontana e si affaccia alla finestra. Senza poter fare nulla e senza voler fare nulla, vede Morgan rimanere solo dopo la rissa.
Lo vede portarsi le mani alla pancia, inginocchiarsi, vede la sua testa cadere tra le gambe e poi Morgan steso sull’asfalto irregolare dello spiazzale, nel freddo e nel buio umido della notte.
Senza potere né volere fare niente, la ragazza vede Morgan, sollevarsi da Morgan e lievitare verso le nuvole nere che portano pioggia.
Da terra, Morgan vede la sagoma scura della ragazzina alla finestra che guarda lui, sagoma scura.
I suoi occhi sono pesanti e li tiene sbarrati verso le nuvole nere.
Prima che diventino troppo pesanti per stare aperti osserva le nuvole, le ammira, ne studia i disegni e pensa: “deve piovere”. Pioverà.
Col. Douglas Mortimer
La partita è di quelle importanti. Si gioca il titolo e tutti sono tesi. Anche un’ala
come Morgan sente che potrebbe succedere qualcosa in questa sera, riuscire a segnare il suo goal, quello che ha sognato e che cambia la vita a un giocatore.
Si entra! Si passa il tunnel e si arriva in campo. E’ una cosa che è successa più volte a un giocatore, ma Morgan non riesce ad abituarsi. Sempre l’emozione lo domina e deve fare uno sforzo per cacciare via la tensione. Di solito comincia a correre, così scarica l‘ansia.
Morgan pensa allo stadio come ad un grande motore che ruggisce a folle. Una macchina immensa che sale e scende di giri a seconda degli umori e dell’andamento della squadra. A volte i giri arrivano ad essere insopportabili e lui pensa che gli accadrà, prima o poi, di vivere l’esperienza della rottura. Pensa che il motore salirà fino a scoppiare e lui sarà spettatore –una volta tanto- e testimone di questa esplosione collettiva.
Ma il rombo dello stadio, anche se arriva a livelli parossistici, poi si placa. E’ come se decine di migliaia di persone si concedessero ad un delirio di follia controllato. “Sanno a che punto portarsi e quando sono vicini allo scoppio tolgono il piede dal pedale”.
I capitani si scambiano i saluti, fischio, inizio. Questa volta Morgan gioca con il cuore in gola. Sarà l’emozione ma le pulsazioni sono accelerate, il battito forte e non si placa. Questo gli fa rendere di più perché corre come un pazzo e non sente il bisogno di prendere respiro.
La Squadra. I dodici pistoni e l’anello di gente il resto del motore. Sono loro –i ragazzi- che aumentano e diminuiscono i giri. Dodici cilindri, undici in campo e il dodicesimo: lo spirito di gruppo.
Morgan ha il compito di portare la palla al centro campo dell’area avversaria, ma gli altri sono forti ed aggressivi, e la partita si gioca quasi tutta nella loro zona. Lui continua a correre attento e ansioso. Il battito è fortissimo e corre anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Qualcuno gli ha detto che facendo così scarica la tensione. Stavolta è tanta. E’ la partita che ha aspettato da una vita. Lo sapeva che sarebbe stato per stasera e aveva quella data in testa da mesi. Questo gli ha fatto caricare questa serata di un significato particolare. Adesso è nella realtà.
Morgan si sveglia tardi stasera. E’ quasi inverno e fuori è già scuro. Nella sua camera c’è odore di chiuso e di fumo di sigarette. Ha dormito ma non è riposato. In bocca il sapore del ferro quando è arrugginito. Si solleva dal letto che la sorella ha preparato per lui in un angolo di salotto, prende dalla sedia le sue cose e guarda fuori: quasi già buio. La parte luminosa del giorno l’ha passata nel sonno. Inoltre grandi nuvoloni neri non dicono niente di buono.
Si lava e si veste come suo solito: pantaloni di pelle nera aderenti, maglione scuro con borchie e giubbottone di pelle scura. Anfibi. Va in cucina. Sua sorella litiga col marito. Ricorda che l’eco delle loro voci l’ha svegliato. Parlano di lui. Non li saluta neanche, si versa il caffè –freddo dalla macchinetta-. Aumenta il metallo in bocca. Sputa nel lavandino, esce.
Le parole di suo cognato rimangono appese dietro di lui.
Morgan scende le scale ed esce nel pomeriggio autunnale che diventa notte. Il portoncino del palazzo è di metallo dorato e già le prime gocce d’umidità rimangono sospese tra l’alluminio anodizzato e la notte che avanza.
Arriva al bar, dove senza appuntamento incontra i ragazzi della borgata e la Banda.
Siede coi compari al tavolino esterno, allunga i piedi sornione e boss sull’altra sedia di plastica bianca e ordina una birra, che aumenterà il senso del ferro che sente nella bocca.. scrocca una sigaretta.
La radio trasmette la partita….
La partita va avanti tesa, veloce e violenta. C’è solo furore e rabbia. E voglia di segnare ad ogni costo. Morgan, ala sinistra, vola col cuore a mille e il respiro corto. Il Panzer che gli hanno messo contro bestemmia e impreca il Mister. Gli avevano parlato di un avversario mite, ma questo gli sta facendo sudare sette camicie. Non sta fermo un attimo e quando tocca palla è un ossesso. Non riesce a marcarlo perché Morgan scappa avanti, poi indietro, trattiene palla e la passa agli altri solo dopo mille richiami. I compagni sono perplessi, dalla panchina pensano sia opportuna una sostituzione. Poi decidono di aspettare la fine del primo tempo.
Mai era stato così. La notte scende e l’anello di gente scompare, ma lui sente tutta la tensione invisibile, e quel motore che sale, sale, sale e stavolta non si placa. Ma perché non tolgono il piede dal pedale? Stavolta sono al punto di rottura, e Morgan si sente un ingranaggio comandato da diecimila autisti; tutti con il piede sull’accelleratore. Il pistone in petto va al ritmo della folla, le reazioni sono velocissime, perfette.
Entra la puttana, coloratissima e stretta nei suoi indumenti sexy ma consumati e ormai lucidi. Sempre, la sera si trattiene al bar prima di andare in strada. A volte tra quei bulli di periferia rimedia qualche cliente e almeno non deve stare ad aspettare al freddo e ad intossicarsi ai fumi dei copertoni.
Passa, Gordon le allunga una feroce pacca sul sedere che lei incassa con un salto. Tutto regolare…
OK! Va al bar, scherza col ragazzo, beve, fuma va al biliardo, guarda la partita, esce.
Gordon allunga la gamba e lei cade a faccia a terra. Stavolta la risata è fragorosa. La puttana si alza, dice tutto il rosario di parenti defunti a Gordon e va via umiliata.
La risata si spegne, quando dalla radio arriva la voce del cronista che parla di una azione da goal dell’ala sinistra..
Qualcuno va verso Gordon e gli fa scivolare un pacchetto in tasca.
L’ala sinistra si è impossessata della palla e, dribblato il suo avversario, avanza verso l’area di rigore. Il pubblico è in delirio, quasi tutto in piedi. L’ala sinistra avanza verso l’area e nessuno riesce a fermare la sua corsa. Salta, scansa, elimina. Qualcuno trattiene l’ala sinistra per la maglietta; cade, si rialza, prende la palla, la perde, la riprende. La panchina è in piedi, l’arbitro col fischio in bocca…
Mischia nell’area di rigore, Morgan continua come un treno e nessuno lo ferma. Il portiere va in ansia poi nel panico. Sempre più solo. Salta a destra e sinistra pronto. Guarda negli occhi Morgan che guarda a sinistra nell’angolo. Morgan tira e il portiere si butta a sinistra, la palla va a destra. Incrocio di pali. Goal.
GOAL GOAL GOAL GOAL !!!!!
La radio trasmette e i ragazzi esultano in un boato che supera il bar e che ha la sua eco dalle case vicine.
Morgan lascia il gruppo e va via. Passa per una rampa in discesa che conduce ad uno spiazzo largo dove fanno il mercato. Per strada il fango dell’ultima pioggia. Lo spiazzale largo è circondato da palazzi alti, grigi o di mattoni. A intervalli irregolari le finestre illuminate di bianco neon o di giallo delle lampadine da 60 watt. Morgan cammina solitario e cupo. Il branco lo nota, ma lui non vede loro. Saranno una decina, lo aspettavano.
Il branco si stacca dal muretto e va verso Morgan. Lo raggiunge. Ci sono parole, qualche spintone, è rissa.
Finalmente si è sciolto quel nodo che aveva in gola. Morgan corre come un forsennato in preda alla gioia più intensa. Corre e si toglie la maglietta, poi la canotta. I suoi compagni gli tengono dietro felici. E’ sciolto tutto, il nodo, il battito, l’onda di tensione dall’anello sopra il campo. Sono tutti felici e lui sa che è per lui, grazie a lui. Corre, poi le gambe gli vengono meno e si ferma. Il cuore batte forte ed a intervalli irregolari. Sente il respiro affannato e non riesce a stare i piedi. Si inginocchia, poi la testa gli cade tra le gambe. Infine cade lui su un fianco, quindi sulla schiena.
L’urlo di gioia si trasforma in silenzio. Sono tutti fermi. Dai bordi parte il medico. Morgan guarda in alto e vede il nero della notte senza stelle e nuvole nere. Pensa: “Deve piovere”.
Il silenzio è spaventoso. Nessun movimento Diecimila statue immobili e occhi, tutti puntati su quell’eroe seminudo e steso al centro del prato.
Morgan riesce ancora a udirlo il silenzio e pensa che dovrebbe pensare: “Ecco. Sono riuscito a sentirlo il momento di rottura”.
Invece guarda il nero del cielo e pensa:”deve piovere”.
Poi gli occhi diventano troppo pesanti e li chiude.
Morgan prende il “ferro” che porta sempre in tasca. Errore. Gli animi si accendono, uno degli aggressori si trova sporco di sangue.
L’arabo affonda il “ferro” nella sua pancia. E’ panico nel branco. Qualcuno riesce a mettergli una mano in tasca e a prendere il pacchetto. Fuggono nel buio lasciando Morgan solo, in piedi, fermo con uno strano dolore liquido dal centro del corpo.
Le gambe non riescono a reggergli e lui cade sulle ginocchia, poi la testa tra le gambe e infine su un fianco. Poi supino.
Nei palazzi, ad un piano, tre ragazze ridono alla luce della lampadina centrale da 60 watt e provano le scarpette nuove. Tra poco qualcuno le verrà a prendere e le porterà in discoteca nella città grande, poi a mangiare e poi tenterà di scoparle in macchina.
Il solito.
Una di loro si allontana e si affaccia alla finestra. Senza poter fare nulla e senza voler fare nulla, vede Morgan rimanere solo dopo la rissa.
Lo vede portarsi le mani alla pancia, inginocchiarsi, vede la sua testa cadere tra le gambe e poi Morgan steso sull’asfalto irregolare dello spiazzale, nel freddo e nel buio umido della notte.
Senza potere né volere fare niente, la ragazza vede Morgan, sollevarsi da Morgan e lievitare verso le nuvole nere che portano pioggia.
Da terra, Morgan vede la sagoma scura della ragazzina alla finestra che guarda lui, sagoma scura.
I suoi occhi sono pesanti e li tiene sbarrati verso le nuvole nere.
Prima che diventino troppo pesanti per stare aperti osserva le nuvole, le ammira, ne studia i disegni e pensa: “deve piovere”. Pioverà.
Col. Douglas Mortimer
1 commento:
è difficile riuscre a sentire il caldo battito del proprio cuore ma quando succede è davvero bello grazie
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