
(foto Archivio Warner Bros. Pictures)
OLTRE DIO? IMPOSSIBILE C’E’ PAR CONDICIO
Così per caso.
Gli capitò una banconota di mille lire e con una magia di prestiti, interessi e tempi di rientro se ne trovò due. Poi ci riprovò e diventarono quattro. E così via.
Fino a che, preso dalla curiosità trovò un libro di algebra ed andò a cercare la spiegazione a quello che stava succedendo.
Moltiplicazione esponenziale. Un numero primo moltiplicato per sé steso raddoppia, poi raddoppia ancora poi ancora e di nuovo. Così fino all’infinito.
Solo che, nella strada verso l’infinito, ad un certo punto ti trovi nel salotto una piscina regolamentare piena di banconote da mille, e tu ci fai il bagno la mattina.
Dopo qualche nuotata l’Uomo si accorse che Paperone aveva torto ed i soldi è bello spenderli e trasformarli in cose. Così comprò tutto. Oggetti nuovi, cari, lussuosi e un po’ cafoni e, quando ebbe tutto, fece un grande falò, li bruciò e ne ricomprò altri; nuovi, cari, lussuosi e un po’ cafoni, ma di differente colore.
Ma, alla fine si scocciò di possedere oggetti e decise che sarebbe stato più carino possedere persone. Così comprò gruppi di uomini. Gruppi di sportivi con allenatori e tifosi, gruppi di musicisti e di cantanti, di presentatori e di ballerine, di Colonnelli del tempo e di comici, e gruppi di attori, registi, muratori, calzolai, attrezzisti, trapezisti, giocolieri, mendicanti, impiegati e massaie.
E si divertiva così.
Ma, alla fine pensò che possedere tanti uomini non gli sarebbe servito a molto se ognuno era libero di andare dove voleva e di abitare dove gli piaceva. Così comprò un gruppo di ingegneri e di muratori, e fece costruire un muro altissimo, che si vedeva dalla luna (anche questo!).
Dentro ci fece fare la sua città, sul modello americano; villette basse, giardini posteriori con barbacue e piscina, e avanti dei bei prati senza recinti e con l’erba tipo campo da tennis. Non c’era un filo di gramigna e non c’era un bruco, perché lui comprò anche l’ALT per gli insetti dannosi e le mosche.
Nella sua città non c’erano strade ma viali alberati e le macchine si cambiavano quando scadeva il leasing. Non pioveva mai e le piante le innaffiavano degli operai che vivevano in un grattacielo detto “il ghetto” o “Harem minore”.
Gli uomini erano tutti impiegati e vestivano Tecnocasa. Le donne tutte bone, con tette grosse e gambe volgari. Quando cominciavano a sfiorire venivano portate nell’Harem minore. Quando nasceva un bambino era sempre biondo, ottimista, ariano.
Lui si fece costruire un grande teatro e ogni giorno si godeva i balletti, rideva dei suoi comici, guardava la sua squadra e si commuoveva ai film che raccontavano le storie che aveva scelto.
Ma, alla fine neanche questo gli bastò. Pensava: “Che me ne faccio di questa felicità se gli altri non possono esserne invidiosi?”
Così stabilì coi sui ingegneri un sistema per arrivare nelle case di ognuno dei suoi concittadini. In tutta la sua Nazione, uno per uno, all’ora di cena.
Questo sistema si chiamava Rete o Network.
Seduti a tavola, con una fettina per uno e un pacco di patatine condiviso, dovevano vedere in una finestrina luminosa le gioie e i fasti dell’ Uomo che moltiplicava i biglietti da mille.
Così tutti i cittadini il lunedì riflettevano sulle sorti del mondo, il martedì si commuovevano ad una storia d’amore, il mercoledì partecipavano ad una gara di solidarietà il sabato ridevano e la domenica guardavano l’ Uomo e le sue gesta e la sua squadra sportiva.
E anche questo alla lunga gli venne a noia.
Quindi andò dalla sua squadra e disse. “Voglio giocare anch’io, e voglio fare il capo”.
Loro risposero: “Va bene, ma chi fa il capo lo decide il Mister”.
Al che lui rispose: “No, no, e poi no! Battendo il piede a terra. Il pallone lo porto io e decido io chi fa il capo. Altrimenti non gioco più!”.
E preso il Super Santos sotto il braccio sinistro, -salì dal campo-.
“E va bene, fai tu il capo”.
“Allora visto che sono io il capo, decido così:
1 Io sono il capo, decido tutto io e gioco io. Voi mi passate la palla.
2 I nostri avversari devono essere intelligenti ma non tanto perché devo vincere sempre io.
3 Io non sbaglio mai. E se dovessi sbagliare sono gli altri ad avere sbagliato a dire che sbaglio.
4 Il pallone lo porto io. Quindi io decido le regole e stabilisco quando si comincia e quando si finisce. Altrimenti mi riprendo il pallone e non gioco più.
5 Io, che sono molto furbo, ho comprato tutti i Super Santos della Nazione. O giocate con me alle regole mie, o non giocate più.
6 Varie ed eventuali.
Così fu. Ma alla fine tutto diventava noioso, quindi ogni tanto qualcuno notava l’Uomo che moltiplicava i biglietti da mille, che guardava il cielo, specialmente di notte.
Stava aspettando quella giusta per andare in un campo magico, nei pressi di Avellino, indossare il costume azzurro col mantello azzurro e la grande ESSE giallo saetta sul petto.
Poi, mettersi in piedi al centro del campo inondato di luna, allungare il braccio destro col dito puntato a terra e il sinistro verso il cielo e partire come un razzo verso il Pianeta.
Il Pianeta del Lampionaio.
Una volta giunto sedersi ed aspettare. Il Lampionaio, come si sà, doveva accendere un unico lume la sera e spegnerlo la mattina. Quando si fosse seduto lui gli avrebbe detto: “Insegnami a spegnere le stelle. Ma non tutte insieme, una per volta.
Hai capito bene. Una sola alla volta. E’ essenziale. Ne spengo una, mi riposo poi ne spengo un’altra”,
Ottenuto il segreto si sarebbe recato dal suo Dio e gli avrebbe detto, dandogli il Lei:
“Mi consenta di vivere il tempo necessario per spegnere tutte le stelle”.
Col. Douglas Mortimer
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