martedì 13 febbraio 2007

NOI - LORO : L’ELOGIO DEL CAFFE’


NOI @ LORO : L’ELOGIO DEL CAFFE’

TEA-BREAK. Alle cinque del pomeriggio in Inghilterra si fermano per sorbire il loro tè tradizionale accompagnato dalla solita pasticceria mignon.
Salottino da tè, tavolino apparecchiato con tovaglie candide, posateria d’argento e porcellana, tovaglioli ricamati.
A Napoli ed in tutta la Campania, abbiamo il rito del caffè pomeridiano, dopo il pisolino.
La siesta, forse importata dalla Spagna….
Al risveglio dal breve sonnellino dopo il pranzo (pasto principale della giornata), rilassati ma non ancora rigenerati, spettinati, sbadigliando, trascinando le pantofole, a volte in pigiama, comunque “sfatti”. Ci trasportiamo verso la cucina; lì rinnoviamo la quotidiana liturgia. Uguale da anni e uguale per anni.
Balconcino, due sedie; su una ci sediamo, l’altra ha funzione di tavolinetto, macchinetta e tazzina –di solito con il marchio del bar sotto casa-, zuccheriera.


A casa di Pasquale Lojacono, via Tribunali 176.
Pasquale: “A noialtri napoletani, toglieteci questo poco di sfogo fuori al balcone…. Io, per esempio a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè presa fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con le mie mani” -.-
“Mia moglie non mi onora…queste cose non le capisce. E’ molto più giovane di me, sapete, la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sotto un certo punto di vista, sono la poesia della vita; perché, oltre a farvi occupare il tempo, vi danno pure una certa serenità di spirito. Neh, scusate?…Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo…con la stessa cura?… Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente…”-.-
“Sul becco… lo vedete il becco?” (prende la macchinetta in mano ed indica il becco della caffettiera) “qua, professore dove guardate? Questo…” (Ascolta) “Vi piace sempre di scherzare… No, no scherzate pure…”
“Sul becco io ci metto questo coppitello di carta…” (lo mostra). “Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione…. E già perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde…..

Eduardo de Filippo “Questi fantasmi” commedia in tre atti anno 1946.


Silvio Orlando, Teatro delle Rose, gennaio, anno 2006.
Rievoca i fantasmi eduardiani nella sua interpretazione di una tra le più celebri Opere del Maestro napoletano.
Sorrento, una serata importante; nel teatro c’è una grande commedia con un interprete d’eccezione. La platea è piena e in galleria non ci sono più posti già molto tempo prima dell’inizio dello spettacolo. La gente ride e parla forte. Qualcuno è venuto in giacca e cravatta qualche signora in abito lungo.

Le rose luminose alle pareti si smorzano, la tensione aumenta e diventa ascolto silenzioso.

A parte qualche pausa troppo breve e forse degli accenti o sfumature differenti (d’altra parte è una interpretazione ma io continuo ad avere nella mente quell’immagine e quelle parole che ho potuto ascoltare solo registrate), Silvio Orlando è un ottimo interprete del personaggio eduardiano; la sua mimica, i suoi accenti, e la sua sottilissima ironia fatta di espressioni e, a volte di sguardi, mi convincono.
La storia mi diverte e mi commuove e “sento” intorno a me sciogliersi la cortina di diffidenza che forse è naturale quando ci si appresta ad assistere all’interpretazione di un testo considerato sacro.
Alla fine del primo atto è già il movimento, l’approvazione del pubblico che diventa partecipazione. Un bellissimo spettacolo come ne vediamo pochi a Sorrento, specie in periodo invernale.

Si è parlato a lungo del monologo del caffè. Per me è uno dei passaggi fondamentali della commedia, così come il dialogo con Raffaele, portiere, che spiega l’origine dei fantasmi e che è un meraviglioso colloquio tra due poveri di cui uno col vestito del potere e l’altro suo servitore e come la gag dei soldi e del resto.
Sono i momenti più belli; di una profondissima e malinconica comicità e di una napoletanità nuova e moderna, attualissima e concepita quasi sessanta anni fa.

La scena prosegue in un crescendo di partecipazione emotiva; il signore dietro di me recita –anticipandole- intere parti a memoria, prima sottovoce e poi quasi urlando, preso dall’euforia.
Si arriva all’ultima battuta dell’ultimo atto.
Fine.
Si chiude il sipario, si riapre. Gli attori ringraziano, gli interpreti si chiedono: “Sarà riuscita”?

Questi fantasmi riesce quando gli spettatori andandosene via si fanno la consueta domanda.
Fine dello spettacolo, ci rimettiamo i cappotti e ci incamminiamo un po’ allegri e un po’ tristi per i corridoi.
Pongo l’orecchio e attendo “la consueta domanda”.

Arriva!!! Sucesso pieno!!!

“Ma Pasquale Lojacono, alla fine, ci crede o non ci crede a

Questi Fantasmi?


Col. Douglas Mortimer


Ceneriere

1 commento:

Anonimo ha detto...

Good words.