giovedì 8 febbraio 2007

ORDINARIA FOLLIA


ORDINARIA FOLLIA
Una storia inventata

Chi arrobba sti occhj toj n’se chiamma ladre
Se chiamma juvinott sfurtunat!

Il tempo è incerto questa sera a Cozzano, periferia di Napoli. Forse piove.
Il gruppo accorda gli strumenti e alcuni parlano tra loro aspettando l’ora e l’audience.
Suonano musica etnica. Sono molti, hanno le ballerine vestite come pacchianelle.
Chitarra battente, chitarra arpeggiante, la fisarmonica, la tromba, diverse tammorre la voce femminile, il leader del gruppo.
Ai piedi del palco, i bottari, gente del quartiere, facce di queste parti, con una passione diversa dal motorino e la macchina.
Il cielo scurisce ma continua ad arrivare gente e tra poco inizierà lo spettacolo.
Il palco è illuminato dalla solita filiera di fari colorati e da cornice fanno tre palazzoni grigi con molte verande e antenne paraboliche. Nello spiazzo, macchine parcheggiate, alcune sotto le cappottine, altre bruciate. Motorini sparsi, tutti fiammeggianti e metallizzati.


All’interno del palazzo da sfondo. Terzo piano, un pianerottolo qualunque, un alloggio come gli altri. Tre camere semivuote, con solo un enorme televisore e la playstation poi DVD porno, un tavolo, delle sedie molte sigarette, alcune canne fumate, un tiro.
Quelli della Paranza stanno ancora avanti allo schermo; fumano, tirano, bevono. Oggi è il giorno e devono “trovare il coraggio”.
Poi cominciano a vestirsi. Pantaloni di pelle o jeans, magliette, giubottoni neri per nascondere il Ferro, scarpe da ginnastica, caschi integrali.
Nessuno dice all’altro l’ angoscia che deve pur avere.
Forse no. E’ il loro lavoro.


La gente arriva, si comincia con una Tarantella del Gargano, poi subito la Tammurriata Nera, per scaldare gli animi. Le ragazze scendono tra il pubblico e non hanno difficoltà a trovare qualche partner che insegua i loro passi nelle danze popolari.
Il brano inizia lento, un lamento, chitarra arpeggiante e voce, poi sale e entrano gli strumenti. La chitarra battente e timidamente le tamborre, poi la fisarmonica. Cresce e le ragazze aumentano la velocità dei giri, poi ancora, poi ancora.


L’obiettivo è ancora dietro al banco. Negozio TIM. Il suo padrone è diventato suo socio. Non ha importanza se qualche parente ha sgarrato, il suo socio è un lavoratore, una persona perbene. Poi lui si è sposato da poco ed ha da qualche mese una bella bambina. Otto ore al negozio, poi in un call center, ma alla fine, il premio.
Il ritorno a casa dalle sue donne. Il Paradiso, la Fortuna nell’inferno di Cozzano, 70 metri quadrati di delicatissima e dolce felicità. Per poche ore, è vero, ma tanto basta. E solo qualche parente stretto e qualche amico che non sarà poi invidioso, solo loro possono entrare nel regno. E’ un equilibrio perfetto di quelli che durano per tutta la vita. Si sono sposati per amore, hanno realizzato il sogno della loro casetta, la festa per sempre. Tre camere e una cucina, una veranda e una vecchia utilitaria.
E poi una sera lei gli dice che è in arrivo il loro Angelo.
Lui lavora più del dovuto, ma trova al ritorno sua figlia e la vede crescere, imparare cose, vede i suoi amici migliori, la sua compagna per la vita.
Questa sera aspetta solo di chiudere. A casa ci sono i ragazzi con cui è cresciuto. Anche loro con le famiglie.
Ceneranno insieme, poi qualcuno aprirà una bottiglia di spumante mentre l’Angelo si sveglierà e si metterà a piangere per il botto. I bambini faranno rumore e, se si affacceranno alla veranda potranno vedere il concerto.


Polizia da tutte le parti. Il ritmo cresce e adesso suonano tutti gli strumenti in orchestra. Alla voce femminile fa da controcanto il coro, quando le voci tacciono è il tempo della tromba. La gente smania. Neanche i più anziani riescono a rimanere fermi. Il ritmo è un’onda che sale su dai piedi. Prima una gamba che non riesce a stare ferma, poi entrambe e quando provi a distrarti o ti soffermi su un solo strumento o su una ragazza che balla, allora vibri tutto e non te ne accorgi che dopo quando, tutto vergognoso ti guardi intorno per vedere se qualcuno ti ha visto.
STOP: silenzio.
Si ferma all’improvviso. Quelli più avanti possono capire, gli altri no.
Il direttore dei bottari si allontana, il coro lo guarda fisso. Pronti.
Silenzio totale. Tempo sospeso.
Temporale in arrivo.
Il ragazzo allarga le braccia e fissa i suoi percussionisti che lo guardano di rimando.
Salta. Cade, sbatte le braccia, e riprende la musica al ritmo delle botti e delle tianelle.
Adesso è fortissimo, con la potenza e la velocità dei bassi… le botti donano alla tamurriata una gravità, la pesantezza e il senso del dramma.
I ragazzi percuotono folli, in trance; prima con il destro poi col sinistro, il direttore li incita mimando il gesto di chi non sente bene.
Si riprende l’armonia degli strumenti, tutti.


Escono. Sono quattro. Hanno due enormi scooter, di quelli che se li vedi ti scansi perché fanno paura. Neri e cromati. I due dietro sono armati. Partono imbottiti di coca e inzuppati di alcool. Di botto, velocissimi, investendo la gente sotto il palco.
Polizia dappertutto. “Cazzo, che facimm uaglù”?” “Avanti”. Bisogna andare avanti. Vietato fermarsi”. L’uomo di rispetto non si ferma davanti a niente. Anche loro sono amici; si conoscono da piccirilli e hanno organizzato questa paranza “artigianale” tra loro; quindi devono dimostrare di essere tosti, ancora di più degli altri. Il “Pezzo” deve essere fatto oggi.
Le botti suonano ancora più forte, per coprire il rumore di quelle moto o perché qualcuno ha capito e rende col suono il senso del dramma che si racconta sul palco e che si consumerà a Cozzano, periferia di Napoli.

“Figli di zoccola….” Poi abbassa lo sguardo sulla botte grande e riprende a percuotere ma con più violenza, con rabbia.
Tre quattro colpi, l’ interruzione di frazioni di minuto poi di nuovo, altri tre quattro colpi e poi via. E’ pesantissimo, veloce, tremendo e affascinante e tutto allo stesso momento e adesso non puoi proprio stare fermo. Le ballerine danzano veloci, la voce racconta la solita storia della ragazza che seduce il ‘mmericano E lievt a pisotl down, lievt a pistol down che mò vene a Big Mama, lievt a psitol down.
Il gruppo segue il coro e il coro segue il ragazzo magro e attentissimo che ha in mano la musica.
Salta, vibra come una sartia nel mare in tempesta, smania, poi un salto a piedi uniti apre le mani, salta di nuovo, cade, STOP.
Finisce tutto. Silenzio. E’ finito il brano.
Applausi, fischi, bottiglie che volano, vetri rotti sull’asfalto. Il pubblico approva.
L’obiettivo è al banco occupato nelle ultime cose. I numeri da ricaricare, il registratore da chiudere, i registri da compilare, poi spegnere computer e luci, chiudere bene e prima telefonare a Lei per sapere il gusto del gelato che dovrà comprare poi portare a casa.
Il gruppo è in silenzio, le luci sono basse. Aspetta.
Poi una ragazza comincia a girare come posseduta da un Demone. E’ una villanella, è stata morsa dal ragno,ha il veleno più seducente e femminile che esiste al mondo dentro al sangue.
E’ vestita di nero con una lunga gonna aperta, è la più bella femmina e prima non la notavi nemmeno….
La musica la trasforma, rende affilato il corpo, tonde le anche aperti e liberi i seni. I capelli le scivolano sulla fronte, in bocca, poi tornano dietro. E tutto è in penombra, lentissimo, quieto.
Il leader, anziano e famoso, si avvicina, come medico e scruta la ragazza, che intanto è caduta, la studia e la incita con la tammorra a sonagliera, lei smania da terra. Quelli dietro, come al solito non vedono niente.

Arrivano i motoscooter silenziosi come ombre, agili e veloci “planano” gli sciacalli, i ragazzi aspettano alla guida col motore acceso, si guardano attorno, i due camminano senza produrre rumore, entrano nel locale; negozio TIM.

Sale il ritmo mentre la ragazza inizia a contorcersi. E’ avvelenata e deve fare uscire le tossine attraverso il sudore. I contadini suoi vicini sono accorsi alla casa della tarantolata e suonano, suonano, suonano anche per tutta la notte per far ballare la ragazza. Lei si dimena come in preda al Diavolo, e mostra così le sue bellezze ai paesani. Non potrebbe in uno stato di normalità, ma in fondo questo è un messaggio da giovane alla carne giovane: “Guardate che cosce, che zinne, guardate e ammirate, da adesso chi entrerà nelle mie grazie entrerà nel mio corpo segreto”.
La tarantolata, ha licenza di fare cose che altre non fanno.
La ragazza si alza ha uno scialle rosso e attrae a sé il musicista. Mai vedrai donna più bella.
La musica sale, entrano gli strumenti; la chitarra battente al massimo, le percussioni, le voci che raccontano in un dialetto arcaico con vaghe mescolanze mediorentali…
Il capocoro è attentissimo e pronto, i bottari guardano il direttore che guarda i bottari.
Quindi salta ed entrano le percussioni.


L’obiettivo non ha neanche il tempo di dire che è chiuso che vede un lampo e sente, con stupore più che con rabbia o dolore, un corpo estraneo entrare veloce nel petto.
La rabbia arriva alla seconda esplosione. Lampo, luce, pugno pungente che trapassa il petto e un urlo furioso, acutissimo. Poi la mossa di avventarsi contro quelli sciacalli, ma ritorna lo stupore quando sente che il corpo non risponde.
Poi è tutta la solitudine e tutta l’angoscia che mai aveva provato quando ritira dal petto la mano inzuppata del suo sangue. Allora alza lo sguardo che adesso è incredulo, chiede a loro spiegazione, aiuto.
Riceve altri colpi di pistola.
Cade supino. Il cuore batte acuto e punge come le tianelle dei bottari, poi profondo e cupo come la botte grande. Irregolare. Quattro colpi, pausa, ancora qualche colpo che scuote il suo corpo, la terra, gli animali e la natura delle cose, tutti i Santi e le Madonne, questo Dio che deve pur vedere che sta accadendo…

Quattro colpi rabbiosi e violenti una pausa, seguendo i gesti del direttore del coro e riprende.
Quattro colpi forti una lunga pausa dove è tutto nero, poi gli occhi riescono ancora a vedere la chiavetta che dondola appesa alla chiavetta della cassa; l’ultima immagine.
Nero.
Ancora colpi, ma ormai l’obbiettivo non li sente più.


Hanno il fiatone le jene, come se avessero corso. Gli vanno vicino e continuano a sparare, -gratis- come quelli dei film americani.
La ragazza è in piedi, abbandona il paesano. Adesso ha scelto , quel gesto col fazzoletto rosso era per segnare la sua preferenza su chi cadeva. Adesso deve dimostrare al villaggio che è indemoniata, non puttana.
E la ballerina abbandona il leader e danza sola, mantenendosi la veste. E più gira più si trasforma, diventa Lunatica Dea. La musica è al massimo della velocità. Un tempo talmente sfrenato da perdere di tanto in tanto il ritmo.
I bottari percuotono fortissimo.
La gente segue battendo le mani, qualcuno si prende una ragazza e balla, così per fare una cosa…
I due guardano poi fuggono, raggiungono le moto salgono a bordo e spariscono nel nero che li inghiotte e se li porta via….
Avranno guadagnato 1.500 Euro per uno.


Intanto la ballerina/malata, rinsavisce. La musica termina stavolta lentamente alla casa della tarantolata e nella piazza, dove la donna si riprende e si rinserisce nel contesto del suo gruppo.
La gente la guarda con stupore e applaude un poco attonita.
La gente guarda con stupore e un poco attonita, ma neanche tanto, il consueto spettacolo al negozio TIM.
Tra poco inizieranno i rilievi poi una mano neutra passerà acqua e candeggina sul pavimento.

Gli amici bussano alla porta. Sono arrivati con la bottiglia già fredda da stappare e bere tutti insieme….
I due si sono cambiati poi, è stato più forte di loro, sono tornati, si sono mischiati con la folla e sono andati a vedere lo spettacolo che loro stessi hanno prodotto. Stanno prudentemente dietro e allungano il collo.
Poi uno dei due chiede ”Che è stato?”.
Intanto comincia a piovere. Pioggia pesante.

Qualche girono dopo in una casa di Cozzano, città di Napoli, una donna è al tavolo da stiro con la tv accesa. Il marito le chiede che novità ci sono:
“Niente di nuovo, ne hanno fatto fuori un altro “
Poi, con pesantezza, abbassa lo sguardo e riprende a stirare.


COl Douglas Mortimer

2 commenti:

Il Cavaliere Rosso. Cittadino di Utopia Island. ha detto...

Vedo con piacere che la tua partecipazzzione è frenetica....zitto zitto, tomo tomo, cacchio cacchio, hai già messo quattro tue storie. Me ne compiacio e ti auguro un profilico futuro scrittorico!

GRAN CERIMONIERE ha detto...

eh bravo qui scrivi a man bassa mentre sulll'iso'la non ti si vede mai ...ai ai ai...